Il 16 aprile 1988 non è una data che troverete scritta nei libri di storia come uno spartiacque netto. Non è una data che segna una guerra, una rivoluzione, un trattato internazionale. Eppure, in quell’anno, a dieci anni esatti dalla morte di Aldo Moro, l’Italia compie un passo silenzioso ma simbolicamente potente: il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga depone una corona di fiori in via Caetani, nel punto esatto in cui fu ritrovato il corpo dello statista democristiano, assassinato dalle Brigate Rosse.
È la prima volta che un Presidente della Repubblica si reca in quel luogo. Un gesto simbolico, certo. Ma anche un atto politico, personale, umano. Cossiga, che nel 1978 era Ministro dell’Interno e responsabile dell’apparato di sicurezza dello Stato durante il sequestro Moro, ha vissuto quella vicenda come un dramma personale, una ferita mai rimarginata. Alcuni lo accusano ancora oggi di non aver fatto abbastanza per salvare Moro. Altri lo difendono, ricordando la complessità del contesto e la durezza della linea della fermezza portata avanti dallo Stato.
Ma cosa successe davvero dieci anni prima, in quei 55 giorni che cambiarono per sempre la storia della Repubblica?
Il sequestro che sconvolse l’Italia
Il 16 marzo 1978, in una Roma ancora assonnata, l’auto di Aldo Moro viene bloccata in via Fani da un commando armato delle Brigate Rosse. In pochi istanti, i cinque uomini della scorta vengono uccisi con una ferocia militare. L’onorevole Moro viene rapito e portato in un “carcere del popolo”. Inizia così un sequestro che durerà 55 giorni, un periodo che paralizzerà l’Italia e il suo sistema politico.
In quei giorni, il Paese si divide: trattare o non trattare? Le lettere di Moro, scritte dalla prigione, sono lucide, drammatiche, spesso accusatorie verso i suoi colleghi di partito. Chiede che si negozi per la sua liberazione. Ma la linea ufficiale del governo è netta: nessuna trattativa con i terroristi.
Il 9 maggio 1978, il corpo di Moro viene ritrovato in una Renault 4 rossa, parcheggiata proprio in via Caetani, a metà strada tra Piazza del Gesù, sede della Democrazia Cristiana, e via delle Botteghe Oscure, quartier generale del Partito Comunista Italiano. Un messaggio chiaro, glaciale. L’uomo che cercava di costruire un ponte tra due mondi viene lasciato morto proprio a metà strada.
Dieci anni dopo: il ritorno in via Caetani
Nel 1988, Francesco Cossiga è Presidente della Repubblica. È cambiato il clima politico, ma non la memoria. Proprio il 16 aprile, dieci anni dopo il rapimento, Cossiga si reca in via Caetani per deporre una corona di fiori. Lo fa senza proclami, ma con la consapevolezza di chi porta sulle spalle il peso di una storia non ancora chiusa.
Quel gesto scuote l’opinione pubblica. Per alcuni è troppo tardi, per altri è un atto dovuto. Ma è la prima volta che lo Stato torna, ufficialmente, nel luogo simbolo di una delle sue più grandi sconfitte. Non solo la morte di un uomo, ma il fallimento del dialogo, della politica, della mediazione. In quella Renault rossa finisce anche l’illusione che la Repubblica potesse uscire indenne dagli anni di piombo.
Il gesto di Cossiga apre una stagione diversa. Nei decenni successivi, si moltiplicheranno le commissioni d’inchiesta, le pubblicazioni, i documentari. Il caso Moro non verrà mai davvero chiuso. Restano troppi dubbi, troppi silenzi, troppi “non detti”. Alcuni ritengono che i mandanti dell’omicidio non siano mai stati pienamente svelati. Altri parlano di intrecci tra servizi segreti, logge massoniche, potenze straniere.
Un luogo di memoria
Oggi via Caetani è un luogo della memoria. Una targa, sobria, ricorda Aldo Moro. Ogni 9 maggio, rappresentanti delle istituzioni e cittadini comuni si fermano per una preghiera o un pensiero. Ma anche ogni 16 aprile, chi conosce bene quella storia, sa che lì è cominciato tutto. È il giorno del rapimento, il primo passo verso l’abisso.
L’Italia, attraverso i suoi simboli, continua a cercare risposte. Perché comprendere davvero il caso Moro significa anche comprendere cosa siamo diventati.
E forse, anche cosa potremmo ancora essere.
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