Come l’effimera e fulminea fiamma di un’esplosione di soli lascia soltanto bagliori indistinti sulla retina di un cieco, così il momento in cui l’orrore ebbe inizio passò quasi inosservato.
Era il 1973 quando nelle sale cinematografiche faceva la sua comparsa L’esorcista, diretto da William Frieadkin, e subito acclamato come pietra miliare del genere horror. La pellicola ottenne un successo talmente grande da entrare nell’immaginario collettivo e da oscurare, nonostante le milioni di copie vendute, il romanzo di William Peter Blatty da cui è stata tratta.
Dopo quarantacinque anni e l’enorme successo della sua trasposizione cinematografica, il romanzo di Blatty non ha mai esaurito la sua capacità di turbare il lettore con i suoi colpi di scena e sequenze inquietanti, mostrando ai lettori l’irruzione violenta e inspiegabile del sovrannaturale in un contesto familiare.
L’ossessione per il male
Il punto centrale della trama, che ormai tutti conosciamo, è costruito sull’ossessione per il male. Nelle pagine del romanzo oscilliamo costantemente tra la volontà di rifugiarci in spiegazioni che si aggrappino alla scienza e alla razionalità e il terrore di ritrovarci di fronte a un evento dalla natura sovrannaturale, qualcosa che credevamo vivesse unicamente nelle vecchie e antiche superstizioni. Il romanzo di Blatty si rivela vincente proprio perché in grado di toccare le corde più profonde dell’umana convinzione: con descrizioni meticolose riesce a scatenare l’immaginazione del lettore e a sovvertire persino le distaccate certezze dell’ateismo.
Eppure, al contrario di quanto si possa pensare, ne L’esorcista prevale l’elemento scientifico, lo studio della mente umana attraverso diagnosi psichiatriche, e non la sfera religiosa. Lo stesso esorcismo occupa solo una piccola parte del testo, il culmine di un climax da brividi che si esaurisce nel giro di poche pagine.
Di fatto per buona parte del romanzo prevale la negazione: gli stessi esponenti della Chiesa che vengono interpellati riguardo agli strani comportamenti della piccola Regan si dimostrano scettici di fronte all’ipotesi di una vera possessione demoniaca.
All’inizio ci ripariamo insieme a Chris MacNeil, la madre di Regan, nel mondo razionale, districabile dalla madre scienza, al fianco di medici che vedono fallire una dopo l’altra le terapie e le ipotesi formulate sulla base di disturbi psichiatrici. La Chiesa, nel frattempo, impone cautela, temporeggia e richiede le prove.
La scienza si dichiara sconfitta e issa bandiera bianca.
Nel frattempo veniamo imprigionati nelle mura di una casa che cambia i suoi connotati insieme a Regan: fetore, blasfemia e sinistri silenzi interrotti dal rumore di mobili che si spostano e dalle violente crisi demoniache della bambina la infestano. Noi lettori iniziamo sin dalle prima pagine a vivere una vera e propria quotidianità impregnata di disperazione e orrore insieme Chris. Sarà proprio lei, diva del cinema e atea convinta, logorata dall’impotenza di fronte all’agghiacciante condizione della figlia, ad abbandonare le sue certezze e a rivolgersi a Padre Karras per l’esorcismo, ormai l’ultima ipotesi praticabile. Un’opzione che verrà combattuta persino dal sacerdote, convinto che dietro l’apparente inspiegabilità della situazione di Regan si nasconda una spiegazione razionale, scientifica.

L’essere umano tra bene e male
L’esorcista, però, non è solamente un romanzo horror, ma una vera e propria riflessione sull’essere umano teso tra bene e male, espresso anche attraverso la figura di Padre Karras, un sacerdote specializzato in psichiatria, afflitto da turbe spirituali che alimentano il suo doloroso conflitto con la fede, e dunque in procinto di abbandonare la tonaca.
Blatty ha saputo combinare con grande maestria narrativa tematiche contrastanti come la religione e la scienza, il bene e il male, la fede e l’ateismo, per mostrare al lettore la zona d’ombra nascosta tra il razionale e l’irrazionale che tanto spaventa l’essere umano. La sfera dell’ignoto inspiegabile che ci attrae e al contempo ci incute un silenzioso terrore, respingendoci.
Che lo si identifichi con il nome Pazuzu o con la diagnosi psichiatrica delle crisi schizofreniche, il male è in Regan e lei stessa finisce per diventare questo male subendo una trasformazione brutale e graduale a partire dal suo fragile corpo, sconquassato, martoriato e trasmutato in quello di un essere demoniaco.

A seguire sopraggiunge il male dell’anima, intrinseco alla natura dell’essere umano, come suggerisce il tenente Kinderman alla madre di Regan: Mary, il mondo, il mondo intero è malato. Ha un enorme esaurimento nervoso. Tutto quanto. Il mondo al completo.
L’adorabile e dolce bambina che da un giorno all’altro inizia a pronunciare blasfemie e volgarità indicibili è il mezzo che William Peter Blatty ha scelto per rappresentare il male che tutti abbiamo dentro, una sorta di mostruosità latente che si potrebbe allacciare all’analisi sulle pulsioni oscure dell’essere umano che Edgar Allan Poe ha riportato nel racconto Il demone della perversità.
La possessione, ecco, non è nelle guerre, come tanti credono che sia, e molto raramente è in situazioni straordinarie come quella che stiamo vivendo noi ora, qui… in questa ragazzina, questa povera bambina. No, io la vedo spesso nelle piccole cose della vita. Damien, nell’insensibilità, nei piccoli rancori, nelle incomprensioni, nelle parole crudeli e sferzanti che si dicono, spesso senza volere, nelle discussioni tra amici. O tra innamorati. Se mettiamo insieme tutte queste piccole cose, Damien – continuò con un filo di voce – non abbiamo più bisogno della figura del diavolo per capire le nostre guerre, per capire noi stessi… noi stessi…
Lo scrittore statunitense ha condotto un lavoro quasi chirurgico nell’unire un’ampia ricerca sul piano teologico, psicologico e scientifico a una narrazione che riesce a mantenere senza difficoltà un ritmo crescente e incalzante.
Le pagine scorrono pulite, veloci sopra un sentiero angosciante e spaventoso, colorato dalle vivide suggestioni e dalle emozioni umane dei suoi protagonisti. La caratterizzazione degli stessi personaggi è costruita con grande cura per i dettagli e le sfumature di ogni personalità: ci sembra di conoscerli ancora prima di inoltrarci nel profondo della storia.
Insieme a loro, il lettore si incammina in un vero e tormentato percorso di introspezione.
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