I bombardamenti odierni dell’esercito israeliano sulla Striscia di Gaza hanno causato almeno 400 vittime, secondo il ministero della Salute locale. Si tratta del primo attacco aereo dall’entrata in vigore del cessate il fuoco tra Israele e Hamas il 19 gennaio e di uno dei più devastanti dall’inizio del conflitto il 7 ottobre 2023.
Secondo le autorità sanitarie palestinesi, il 18 marzo è stato il giorno con il maggior numero di vittime da allora, con più della metà dei morti identificati come donne e minori. Le città più colpite sono state Gaza, Rafah e Khan Yunis. Con questa offensiva, Israele ha ufficialmente interrotto la tregua con Hamas, che aveva di fatto ridotto le operazioni militari negli ultimi mesi, nonostante sporadici scontri.
Israele annuncia nuovi attacchi, Hamas non risponde
Il ministro degli Esteri israeliano ha confermato che i bombardamenti continueranno nei prossimi giorni. Non è ancora chiaro se questi attacchi segnalino l’inizio di una nuova fase della guerra o se siano un modo per esercitare pressione su Hamas affinché accetti le richieste israeliane per il prolungamento della prima fase del cessate il fuoco.
Finora Hamas non ha risposto militarmente agli attacchi. Nel frattempo, l’esercito israeliano ha ordinato ai residenti palestinesi delle zone confinanti con Israele di evacuare l’area, definendola una “zona di combattimento pericolosa”.
L’approvazione di Trump e la strategia di Netanyahu
Israele aveva informato in anticipo l’amministrazione statunitense di Donald Trump della sua intenzione di riprendere i bombardamenti sulla Striscia. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che l’operazione è stata ordinata in risposta al “ripetuto rifiuto” di Hamas di rilasciare gli ostaggi israeliani e di accettare la proposta americana per l’estensione della tregua. Israele d’ora in avanti agirà contro Hamas con una forza militare crescente, si legge nel comunicato ufficiale del governo israeliano.
Tra le vittime dei bombardamenti ci sono anche tre funzionari di Hamas, tra cui Bahjat Abu Sultan, direttore dei servizi di sicurezza interni, e due alti esponenti del governo locale controllato dal gruppo. Secondo il quotidiano Haaretz, che cita fonti governative anonime, l’obiettivo degli attacchi era colpire le infrastrutture civili amministrate da Hamas per indebolire la sua capacità di controllo sulla Striscia. Anche il gruppo armato Jihad Islamico ha confermato la morte del suo portavoce militare, noto come Abu Hamza.

La politica interna: Ben-Gvir rientra nel governo
L’ex ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, leader ultranazionalista del partito Otzma Yehudit (Potere Ebraico), ha annunciato il suo immediato rientro nel governo di Netanyahu, insieme agli altri ministri del suo partito. Avevano abbandonato la coalizione a gennaio per protestare contro l’accordo di cessate il fuoco. Anche il ministro della Difesa, Israel Katz, ha dichiarato che l’offensiva durerà fino a quando tutti gli ostaggi non verranno liberati e tutte le minacce per i residenti del sud non saranno eliminate.
Tuttavia, l’associazione che rappresenta le famiglie degli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza ha accusato il governo di aver “abbandonato chi è ancora imprigionato” e ha annunciato una manifestazione di protesta contro la ripresa dei bombardamenti.
La strategia di Israele: evitare la fase due del cessate il fuoco
L’accordo iniziale di cessate il fuoco prevedeva una sospensione delle ostilità, il rilascio di alcuni ostaggi israeliani da parte di Hamas e la liberazione di prigionieri palestinesi da parte di Israele. La prima fase dell’accordo è scaduta il 2 marzo, ma il governo israeliano si è rifiutato di negoziare la fase due, che avrebbe dovuto portare al ritiro delle truppe israeliane da Gaza e alla cessazione definitiva dei bombardamenti.
In alternativa, Israele ha proposto un’estensione della prima fase con il supporto dell’amministrazione Trump. Il cosiddetto “piano Witkoff”, dal nome dell’inviato speciale di Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff, prevede una proroga temporanea della tregua, durante la quale Hamas dovrebbe liberare metà degli ostaggi israeliani ancora in suo possesso, senza però alcuna garanzia di una fine definitiva della guerra. Attualmente, Hamas detiene ancora 59 ostaggi, di cui si ritiene che almeno 35 siano morti. Il piano è fortemente svantaggioso per Hamas, che finora lo ha respinto categoricamente.
Blocco delle forniture e pressioni su Hamas
Israele si oppone alla fase due del cessate il fuoco perché non vuole rinunciare completamente alla sua presenza militare nella Striscia, dove continua a mantenere il controllo di alcune zone cuscinetto. Per aumentare la pressione su Hamas, il 2 marzo Israele ha bloccato l’accesso di tutte le merci e degli aiuti umanitari destinati a Gaza. Inoltre, ha ordinato alla Israel Electric Corporation (IEC), principale fornitore di energia per Israele e i territori palestinesi, di interrompere completamente la fornitura di elettricità alla Striscia. Questa misura mira a costringere Hamas a cedere sulle condizioni di Israele nei negoziati in corso.
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