Negli ultimi giorni si è diffusa la notizia di una presunta scoperta straordinaria sotto la piramide di Chefren, sull’altopiano di Giza, in Egitto. Secondo quanto riportato, un team di ricercatori avrebbe individuato enormi strutture artificiali nel sottosuolo grazie a una tecnologia radar avanzata.
Tuttavia, l’assenza di riscontri accademici e la mancanza di pubblicazioni scientifiche sollevano numerosi interrogativi sulla veridicità di questa affermazione.
Cosa sostiene il Progetto Chefren
Il team dietro questa scoperta è composto da Corrado Malanga, Filippo Biondi, Armando Mei e Nicole Ciccolo, riuniti sotto il cosiddetto Progetto Chefren (The Khafre Research Project SAR Technology). Durante una conferenza stampa del 15 marzo, i ricercatori hanno dichiarato di aver individuato, grazie all’uso del radar ad apertura sintetica (SAR), la presenza di cinque nuove camere sconosciute alla base della piramide di Chefren. Secondo la loro ricostruzione, queste sarebbero collegate tra loro e affiancate da otto strutture cilindriche cave, simili a pozzi, circondate da percorsi elicoidali che scenderebbero nel sottosuolo fino a 648 metri di profondità. Alla fine di questi percorsi si troverebbero due enormi cubi con lati di 80 metri.
Non solo: il gruppo afferma di aver rilevato anche strutture artificiali a una profondità di circa due chilometri, ipotizzando l’esistenza di un complesso sotterraneo sconosciuto. Un’ipotesi che, se confermata, rivoluzionerebbe completamente la nostra comprensione dell’antico Egitto e della costruzione delle piramidi.
Le criticità della presunta scoperta
Nonostante l’entusiasmo che questa notizia ha suscitato in alcuni ambienti, ci sono diversi motivi per dubitare della sua fondatezza. Il primo e più evidente riguarda la mancanza di riconoscimento accademico. Al momento, non esistono articoli pubblicati su riviste scientifiche che validino questa ricerca. La stessa conferenza stampa in cui sono stati diffusi i risultati non è stata ospitata da istituzioni universitarie o archeologiche, ma è stata caricata su YouTube, nel canale di Nicole Ciccolo, nota per la diffusione di contenuti pseudoscientifici.
Un altro aspetto problematico riguarda la metodologia utilizzata. Il radar ad apertura sintetica (SAR) è una tecnologia efficace per analizzare la superficie terrestre e alcune strutture sotterranee poco profonde, ma difficilmente può fornire dati affidabili a centinaia di metri nel sottosuolo, tanto meno a due chilometri di profondità. Gli scienziati che si occupano di archeologia utilizzano strumenti più specifici, come le tomografie a muoni, per analizzare l’interno delle piramidi. Questi studi, inclusi quelli condotti dal progetto ScIDEP (Scientific Investigation of Egyptian Pyramids), hanno già dimostrato che all’interno della piramide di Chefren non ci sono cavità significative oltre a quelle già conosciute.
A rendere la vicenda ancora più sospetta è l’assenza di dati verificabili. Nella descrizione del video della conferenza stampa non è presente alcun link a documenti scientifici, ma solo una richiesta di donazioni tramite IBAN. Questo elemento solleva ulteriori dubbi sulla serietà del progetto.
Chi sono gli autori della ricerca?
Un’analisi del background dei ricercatori coinvolti offre ulteriori spunti critici. Il più noto tra loro, Corrado Malanga, è un ex docente di chimica organica con una lunga storia nel campo dell’ufologia e delle teorie del complotto. Malanga ha sostenuto in passato l’esistenza di rapimenti alieni e altre ipotesi prive di basi scientifiche. Anche gli altri membri del gruppo sono attivi in ambienti legati a interpretazioni non convenzionali della storia e dell’archeologia.
Questa connessione con il mondo delle pseudoscienze ha fatto sì che la notizia venisse ripresa principalmente da siti complottisti e canali di divulgazione alternativa, come The Reese Report di Greg Reese. Quest’ultimo è noto per promuovere l’idea che le piramidi di Giza fossero in realtà delle centrali per la produzione di energia, un’ipotesi ampiamente smentita dalla comunità scientifica.
Notizie come questa si diffondono rapidamente, soprattutto grazie ai social media, e spesso vengono accolte con entusiasmo da chi è affascinato dal mistero e dalle narrazioni alternative alla storia ufficiale. Tuttavia, senza prove concrete e senza il supporto della comunità scientifica, affermazioni di questo tipo restano poco più che speculazioni.
Diversi gruppi di fact-checking, tra cui Bufale.net e Snopes, hanno già analizzato la vicenda, sottolineando l’assenza di riscontri e la presenza di numerosi elementi tipici delle bufale pseudoscientifiche. In ambito accademico, scoperte di questa portata richiedono verifiche approfondite, studi indipendenti e la pubblicazione su riviste peer-reviewed, nessuna delle quali è stata fornita dal Progetto Chefren.
L’idea di strutture nascoste sotto la piramide di Chefren è affascinante, ma al momento non ci sono prove concrete che la sostengano. L’assenza di studi pubblicati, le criticità nella metodologia utilizzata e il profilo dei ricercatori coinvolti rendono altamente improbabile che questa “scoperta” abbia un reale valore scientifico.
Come sempre, quando si affrontano notizie sensazionalistiche, è fondamentale mantenere un approccio critico e affidarsi a fonti autorevoli. Se davvero esistessero strutture sconosciute sotto le piramidi di Giza, sarebbe la comunità archeologica internazionale a darne notizia, non un canale YouTube legato alla pseudoscienza. Fino a quando non emergeranno prove verificabili, questa rimane, con ogni probabilità, una delle tante teorie prive di fondamento che ciclicamente riemergono attorno ai misteri dell’antico Egitto.
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