Negli ultimi giorni, sui social si è diffusa una nuova tendenza: trasformare le proprie foto in immagini che sembrano uscite da un film dello Studio Ghibli. Occhi grandi e sognanti, luci calde, atmosfere sospese tra realtà e fantasia. Un’estetica inconfondibile, che richiama l’universo poetico creato dal celebre studio d’animazione giapponese.
Ma da dove nasce il termine “Ghibli”? E cosa c’entra l’Italia in questa storia?
Dai cieli italiani al Giappone: il significato di “Ghibli”
Fondato nel 1985 dai maestri Hayao Miyazaki e Isao Takahata, lo Studio Ghibli ha rivoluzionato il mondo dell’animazione. Film come La città incantata, Il mio vicino Totoro e Il castello errante di Howl hanno conquistato il pubblico internazionale grazie a un linguaggio visivo unico, fatto di attenzione ai dettagli, narrazione intima e un profondo legame con la natura.
Ma il nome “Ghibli” non è una semplice invenzione: ha radici ben precise, e portano direttamente all’Italia.
Per scoprire l’origine del nome dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, fino agli anni ’30. In quel periodo, l’Italia sviluppò un aereo da ricognizione pensato per operare nel deserto libico: il Caproni Ca.309, soprannominato “Ghibli”. Il termine, di origine araba, indica il vento caldo che soffia dal Sahara, evocando l’idea di velocità, movimento e libertà.
Hayao Miyazaki, da sempre affascinato dall’aviazione e dall’ingegneria aeronautica, si ispirò proprio a questo aereo per dare un nome al suo studio. Il regista ha spesso dichiarato la sua ammirazione per Gianni Caproni, pioniere dell’aviazione italiana, tanto da farlo comparire nel suo film Si alza il vento (Kaze tachinu, 2013).
Il legame tra Miyazaki e il mondo dell’aeronautica italiana non si ferma qui. Nel suo film Porco Rosso, dedicato a un aviatore italiano, l’idrovolante protagonista porta sulla testata del motore proprio la scritta “Ghibli”, un ulteriore omaggio alla storia del volo italiano.
La tecnologia trasforma la nostalgia in tendenza
Oggi, l’estetica Ghibli non vive solo nei film, ma rinasce in un modo completamente nuovo grazie alla tecnologia. Molte delle immagini che stanno spopolando sui social sono infatti generate con l’ultima versione di ChatGPT, capace di trasformare una semplice foto in un’illustrazione che sembra disegnata a mano, con lo stile tipico dello Studio Ghibli.
Dietro una semplice moda virale, dunque, si nasconde una storia che attraversa il tempo e lo spazio: dall’Italia degli anni ’30 al Giappone contemporaneo, passando per il digitale. Un intreccio di ingegneria, arte e immaginazione che, proprio come nei film di Miyazaki, ci ricorda che il sogno di volare – reale o metaforico – è sempre stato parte della nostra storia.
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