Oggi: 3 Luglio 2025
9 Aprile 2025
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Dal femminicidio di Giulia Cecchettin al 2025: cosa è cambiato davvero?

femminicidio

Cosa ci aspettavamo di veder cambiare a distanza di un anno? Il bollettino del 2024 registra 113 donne assassinate in Italia. Di questi casi non tutti hanno trovato spiegazione e non c’è pace per le famiglie che hanno perso uno dei propri cari. 

In totale i femminicidi in Italia sono aumentati del 10% nel 2024 rispetto al 2023 e questa percentuale non sembra scemare. Infatti, a poco più di tre mesi dall’inizio del 2025, si registra un aumento del 15% rispetto al 2024. (Meno femminicidi nel 2024, ma stalking e maltrattamenti in aumento. Le donne denunciano di più).

Forse la risonanza mediatica che ebbe il caso di Giulia Cecchettin ci ha fatti sperare in un possibile cambiamento, una plausibile apertura mentale nelle persone, soprattutto dei più giovani. Quegli stessi giovani che vediamo coinvolti in recenti omicidi. 

In molti, tra la frustrazione e la paura, si domandano perché si consumi tutta questa violenza giornalmente. Violenza che troppo spesso si consuma in un omicidio. E, laddove non venga riportato un delitto, potrebbe celarsi una violenza, psicologica o fisica. Violenza che, ancora una volta, potrebbe condurre le vittime a compiere l’atto estremo su loro stesse.

Cosa porta l’uomo ad essere preda di sé stesso? Nulla di nuovo. Sin da tempi antichi esiste un proverbio latino che recita Homo Homini Lupus, ossia, “l’uomo è lupo a sé stesso”. Probabilmente questo proverbio lo dobbiamo a Plauto (Asinaria, II, 4, 88), ma non è difficile immaginarsi che l’uomo abbia iniziato a darsi la caccia da tempi ben più antichi.

Perché tutto questo odio? Da dove proviene? Sembra quasi essere divenuto normalità. Noi tutti, sembriamo disinibiti dalla mole di violenza che ci si presenta di fronte ogni giorno. Forse è causa della costante esposizione alla violenza, così facile da raggiungere anche attraverso un telegiornale, ma anche molto diffusa all’interno dei social. Forse dipende dalla normalizzazione di congetture maschiliste, omofobe o raziali? Oppure è il contrario? Magari è l’essere violento che predilige la visione di violenza e l’utilizzo di linguaggi amorali. 

Il modo in cui parliamo, il modo in cui ci poniamo, ragioniamo, pensiamo e ci rapportiamo con gli altri è prole di una società le cui radici sono state strette nella morsa della struttura patriarcale.  Una struttura sociale di cui tutto il genere umano è vittima e al contempo carnefice del massacro. La colpa ricade sull’intera società, che spesso accetta il silenzio, tiene un profilo basso, forse per conformarsi tra la massa, magari anche per paura.

Sicuramente inasprire le pene per coloro che si macchino le mani del crimine di omicidio è stato necessario, non possiamo che essere riconoscenti di questo. Ma davvero basterà a fermare il massacro? Forse non fa così paura la pena, forse la paura non è il giusto mezzo nella visione di un futuro meno “cannibale”. 

Dall’altra parte c’è l’accusa di vittimismo che viene mossa contro chiunque promuova l’uguaglianza e la libertà di espressione. Così, anche proteggere i propri valori, sembra essere motivo di vergogna. Dunque, che dovremmo fare? Restare fermi a guardare in silenzio, aspettando le cose cambino da sé? Oppure continuare a batterci per una guerra che da quando è iniziata sembra non aver mai trovato una pace soddisfacente.

E quindi, l’accusa: 

“Non vi basta mai!”

“Non è mai abbastanza la libertà che vi viene concessa!”

Aumenta la violenza di genere

Ma in un anno non sembra essere cambiato nulla. Le percentuali di femminicidi sono cresciute e, con esse, le percentuali di violenza di genere. Non ci resta che stare a guardare, oppure possiamo davvero fare qualcosa?

Non si tratta di un mero lamento d’insoddisfazione, ma di un grido di aiuto. Il problema è che non è mai abbastanza il rispetto. Leggi a tutela degli esseri umani e pene più dure per i crimini sono necessarie, ma non sufficienti in questo caso. Ancora in troppi sostengono che l’educazione sessuale non sia utile, convinti che potrebbe rendere la società ancor più depravata avvicinandola precocemente al sesso. Ma l’educazione sessuale si pone l’obiettivo di comprendere anche il rapporto emotivo sano che dovrebbe stabilirsi tra gli individui. Il rispetto dei valori e il rispetto del proprio corpo e quello altrui. L’amore, nella sua forma più pura. 

Per questo, credo sia fondamentale portare programmi di educazione sessuale ed affettiva nelle scuole, al fine di avviare una rivoluzione sia sul piano del linguaggio, che su quello comportamentale. Così da riappropriarci del valore della morale e dell’approccio empatico. Valori che sembrano sfuggirci di mano, tra le lacrime di famiglie in pena e il sangue versato nei troppi omicidi che si accumulano. 

 

Ma tu, non credere, a chi dipinge l’umano, come una bestia zoppa.

Non credere a chi tinge tutto di buio pesto e di sangue.

Il tuo destino è l’amore, nient’altro.

(Nayt, Di abbattere le mura (18 donne), dall’album Lettera Q, 22 novembre 2024).

 

La proposta resta sempre la stessa: abbattere le mura e tentare di insegnare ad amare. In un mondo in cui una delle domande più comuni che ci si pone sin dalla nascita è: Cos’è l’amore? Ce lo chiediamo, lo ricerchiamo, vogliamo affezionarci, relazionarci, in quanto animali sociali. Ma questo ci rende anche disperati, ci fa perdere il senso dell’amore e raggiungere quello dell’odio. Se non proviamo a cambiare non dobbiamo solo temere di essere potenziali prede, ma anche avere paura di poter diventare possibili “lupi” agli altri uomini.

Sarebbe molto più semplice affermare di un criminale che ha agito in un certo modo, più o meno violento, perché esso stesso è il male ed è il male stesso a spingerlo ad agire. Ma non possiamo semplificare la violenza di genere in un paio di righe. Dobbiamo comprendere e ricordare che, per ridurre la percentuale degli omicidi nel mondo, si deve impedire agli esseri umani di perdersi. E per farlo dobbiamo contrastare le profonde radici culturali che si fanno strada da millenni nella storia.

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Sammarinese, classe 2000. Laureata in Scienze Umanistice con curriculum Filosofico presso l’università di Urbino Carlo Bo. In seguito diplomata nel master di I livello DSA, BES e Disturbi dello Sviluppo. Psicopedagogia, Metodologie Didattiche, Pensiero Computazionale (Coding) e Didattica dell’Inclusione presso la medesima sede Universitaria. Attualmente sono iscritta al corso di Laurea in Scienze psicologiche delle risorse umane, delle organizzazioni e delle imprese presso l’università telematica IUL, con l’obiettivo futuro di diventare psicoterapeuta, anche in ambito forense. La mia prima pubblicazione poetica risale a giugno 2020, mentre la prima effettuata con una testata giornalistica al gennaio del 2024. Ho sempre utilizzato le parole scritte come mezzo di espressione della mia interiorità, ma solo da poco tempo ho preso il coraggio di rendere pubbliche le mie ricerche, che spaziano da speculazioni filosofico-umanistiche, a diritti umani, psicologia, criminologia e altro.

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