Negli ultimi due decenni, il panorama politico e culturale europeo ha subito mutamenti profondi. Una delle tendenze più rilevanti, e forse più inaspettate, è il crescente coinvolgimento dei giovani in movimenti politici che si rifanno a ideologie forti, spesso radicali, che sembravano aver perso presa dopo la fine della Guerra Fredda.
Mentre gli anni Novanta e Duemila sono stati caratterizzati da un apparente appiattimento ideologico e dalla diffusione di un pragmatismo liberale, oggi assistiamo a un ritorno di ideologie con forti connotazioni identitarie, sovraniste, comunitarie e talvolta anche autoritarie.
Perché i giovani europei riscoprono le ideologie politiche
Ma cosa sta succedendo davvero? E perché proprio i giovani, storicamente più inclini alla sperimentazione e al superamento delle appartenenze rigide, sembrano oggi riscoprire queste forme ideologiche?
Una delle chiavi per comprendere questa svolta ideologica è il progressivo declino di fiducia nelle istituzioni democratiche. Secondo diversi studi del Pew Research Center e dell’Eurobarometro, una percentuale crescente di giovani tra i 18 e i 30 anni in Europa considera inefficaci i partiti tradizionali, corrotti i meccanismi della rappresentanza politica e inadeguate le risposte delle istituzioni alle sfide globali, come la crisi climatica, l’aumento delle disuguaglianze e l’insicurezza economica. In questo contesto, il richiamo di ideologie più strutturate, che offrono visioni del mondo coerenti e promesse di ordine e cambiamento radicale, diventa comprensibile.
Un’altra tendenza che accompagna il revival ideologico è la crescente polarizzazione dello spazio politico. Le nuove generazioni si allontanano dal centro moderato per abbracciare visioni più nette: da un lato un rinnovato socialismo, spesso con tinte ecologiste e anticapitaliste (si pensi ai movimenti ispirati a figure come Bernie Sanders o Jeremy Corbyn), dall’altro una riscoperta di valori tradizionalisti, sovranisti e a volte apertamente reazionari (come nel caso dei sostenitori di Viktor Orbán, Giorgia Meloni o Marine Le Pen). Il centro, percepito come incapace di fornire risposte efficaci e privo di valori forti, perde terreno a favore di narrazioni più semplici ma più mobilitanti.
Tra gli elementi centrali del nuovo protagonismo ideologico giovanile c’è la questione identitaria. In un mondo globalizzato, interconnesso ma anche alienante, i giovani cercano un senso di appartenenza. Le identità nazionali, culturali, religiose, linguistiche o di genere diventano terreni di lotta simbolica. In questo contesto, movimenti sia di estrema destra che di estrema sinistra, ma anche correnti femministe, antirazziste e queer, rappresentano spazi in cui i giovani possono esprimere una visione del mondo in cui si riconoscono e attraverso cui rivendicare diritti, appartenenza o resistenza.
Social media e crisi globale: i motori del nuovo attivismo giovanile
Internet e i social media hanno avuto un ruolo centrale nel ritorno delle ideologie tra i giovani. Piattaforme come TikTok, Instagram, YouTube e Telegram non sono solo spazi di svago, ma diventano canali di diffusione di idee politiche. I meme, i video brevi, i podcast e i thread su Twitter (ora X) rappresentano strumenti potenti per costruire comunità ideologiche, diffondere contenuti, polarizzare il dibattito. Questo ha reso possibile la radicalizzazione più rapida di molti giovani e la loro esposizione a narrazioni alternative spesso ignorate dai media tradizionali. In parallelo, si osserva un crescente rifiuto del “politicamente corretto” e un ritorno a linguaggi e concetti considerati tabù.
La pandemia da COVID-19 ha accelerato alcuni processi già in corso. Il lockdown, l’isolamento sociale, la crisi economica e l’incertezza sul futuro hanno creato un terreno fertile per la radicalizzazione. Molti giovani hanno vissuto questo periodo come una frattura biografica profonda, che ha reso evidenti le fragilità del sistema neoliberale. In risposta, alcuni hanno cercato rifugio in comunità ideologiche che offrono protezione, visione, senso del sacrificio e prospettive di azione collettiva.
Negli ultimi anni si sono moltiplicati i movimenti giovanili con forti connotazioni ideologiche:
- Fridays for Future e Extinction Rebellion rappresentano l’ala ecologista e anticapitalista, con una visione sistemica del cambiamento climatico;
- Gioventù Nazionale in Italia, Generation Identity in Francia e Germania, e altri movimenti affini raccolgono giovani attorno a ideali nazionalisti, conservatori e spesso etno-centrici;
- i movimenti per i diritti LGBTQIA+, il femminismo intersezionale e l’antirazzismo, trovano espressione in collettivi molto attivi, anche nelle università europee;
- alcuni giovani si avvicinano al pensiero anarchico o marxista, spesso attraverso circoli culturali o progetti editoriali alternativi.
Tuttavia, a questa mobilitazione si accompagna anche una crescente disillusione: molti giovani, dopo un iniziale coinvolgimento ideologico, sperimentano la frustrazione del cambiamento lento o inesistente, e cadono in un nuovo cinismo o in una disaffezione totale.
Ma quindi, siamo davanti al ritorno al futuro o nostalgia del passato?
Il ritorno delle ideologie tra i giovani europei non è un semplice revival nostalgico, ma un tentativo di ricostruire senso, comunità e orientamento in un mondo percepito come caotico e iniquo. Che si tratti di ideologie progressiste o reazionarie, questo fenomeno riflette un bisogno profondo: quello di non sentirsi soli, di appartenere a qualcosa di più grande, di poter agire e incidere.
La sfida per la sociologia contemporanea è osservare questi processi con attenzione, senza cedere alla tentazione della semplificazione o della condanna. Le nuove generazioni non stanno semplicemente tornando al passato: stanno cercando nuove vie per affrontare le contraddizioni del presente. Il rischio, tuttavia, è che in assenza di spazi democratici efficaci e inclusivi, queste spinte ideologiche si trasformino in derive autoritarie o settarie. Occorre quindi lavorare per creare luoghi di confronto reale, capaci di accogliere le passioni politiche giovanili senza trasformarle in dogmi.
Solo così l’ideologia potrà tornare a essere non uno strumento di divisione, ma una bussola per la trasformazione collettiva.
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