Dopo una pausa pasquale di 30 ore, le ostilità tra Russia e Ucraina sono riprese. Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato la fine della tregua e la ripresa delle operazioni militari, affermando con tono risoluto che “nessuno dovrebbe avere dubbi sulla vittoria della Russia”. Tuttavia, nonostante la ripartenza degli scontri, sia Mosca che Kiev hanno lasciato intendere di essere aperti al dialogo. Il presidente americano Donald Trump, da parte sua, ha rilanciato l’ipotesi di un possibile accordo entro pochi giorni.
Putin e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky hanno entrambi reso omaggio alla memoria di Papa Francesco, deceduto il 21 aprile. Nel suo ultimo messaggio Urbi et Orbi, il pontefice aveva invocato una pace giusta e duratura per l’Ucraina, definendola una “nazione martoriata”. Le sue parole sono risuonate come un’estrema preghiera per una guerra che continua a mietere vittime e alimentare tensioni in Europa e oltre.
Zelensky ha annunciato che una delegazione del governo ucraino si recherà a Londra mercoledì per partecipare a nuovi colloqui con rappresentanti del Regno Unito, della Francia e degli Stati Uniti. L’obiettivo è quello di cercare una via d’uscita dal conflitto, a partire da un cessate il fuoco senza condizioni preliminari. Il leader ucraino ha dichiarato di voler affrontare i negoziati “nel modo più costruttivo possibile”, sottolineando la necessità di avviare un processo che possa portare a una pace stabile.
Si riapre la porta del negoziato?
Nonostante le dichiarazioni di apertura, la ripresa delle ostilità non si è fatta attendere. Dopo la scadenza della tregua, l’aviazione russa ha lanciato tre missili e utilizzato 96 droni contro diverse località ucraine. Kiev ha denunciato 4.900 violazioni russe della tregua, mentre Mosca ne ha segnalate circa 3.000 da parte ucraina. Tuttavia, Zelensky ha osservato che nel giorno di Pasqua non si sono verificati attacchi aerei russi, un dato che potrebbe essere interpretato come un segnale, seppur minimo, di rispetto del periodo festivo.
Il presidente ucraino ha chiarito che la risposta del suo Paese agli attacchi sarà sempre proporzionata: “Cessate il fuoco con cessate il fuoco, attacchi con difesa”, ha detto, escludendo un’escalation unilaterale da parte dell’Ucraina. Inoltre, ha proposto un’estensione della tregua di 30 giorni per quanto riguarda l’uso di missili e droni contro le infrastrutture civili. Una proposta accolta con cautela da Putin, che ha parlato della necessità di “un esame dettagliato” della questione, non escludendo la possibilità di affrontarla in incontri bilaterali con Kiev.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha confermato che Putin intende aprire un canale diretto di comunicazione con gli ucraini per discutere specificamente la protezione dei civili. Una mossa che potrebbe rappresentare un cambio di tono dopo mesi di gelo diplomatico. L’ultima volta che Mosca e Kiev si erano incontrate per negoziare era stata nelle prime settimane del conflitto, con colloqui in Bielorussia e poi a Istanbul.
Il ruolo di Trump e le tensioni sul terreno
Il presidente americano Donald Trump ha rilanciato la possibilità di un’intesa imminente, affermando che potrebbe arrivare già questa settimana. Dietro le sue parole, però, c’è anche un monito: gli Stati Uniti potrebbero rivedere il loro ruolo nei negoziati se le parti non mostreranno reale disponibilità a trovare un compromesso. Un’uscita che potrebbe aver spinto sia Putin sia Zelensky a mostrare una maggiore apertura pubblica.
Non mancano però i momenti di tensione. La Russia continua a respingere le accuse di attacchi deliberati contro civili. A Sumy, un bombardamento avvenuto la Domenica delle Palme ha causato la morte di 35 persone, inclusi bambini, e il ferimento di almeno 120. Per Kiev si è trattato di un attacco mirato contro la popolazione. Mosca, invece, sostiene che l’obiettivo fosse un raduno militare e che la presenza di civili non fosse nota. La versione è stata contestata ma, secondo alcune fonti locali, effettivamente si stava svolgendo una cerimonia per militari impegnati nell’invasione russa della regione di Kursk.
Uno spiraglio fragile tra accuse incrociate
Nonostante le accuse reciproche e la ripresa dei combattimenti, entrambi i fronti sembrano consapevoli che la prosecuzione del conflitto rischia di sfuggire di mano. Putin ha riconosciuto una “riduzione generale delle operazioni ucraine” durante la tregua e ha dichiarato di voler “andare avanti”, lasciando intendere la possibilità di un ulteriore dialogo. Zelensky ha mantenuto un tono diplomatico, pur ribadendo la necessità di fermare subito gli attacchi contro i civili.
L’incontro a Londra, previsto per mercoledì, sarà un momento chiave. La presenza di Kiev ai colloqui, insieme a Stati Uniti, Francia e Regno Unito, suggerisce che ci sia in corso un lavoro diplomatico più ampio di quanto traspaia dalle dichiarazioni ufficiali. Se da un lato le parole di Trump puntano ad accelerare il processo, dall’altro resta da vedere se le aperture di Mosca saranno seguite da fatti concreti.
Lo spirito evocato da Papa Francesco nel suo ultimo messaggio rimane lontano, ma una finestra diplomatica sembra comunque aperta. La guerra, ormai nel suo terzo anno, ha raggiunto una fase in cui anche piccoli segnali di disponibilità possono fare la differenza. Resta da capire se le parti sapranno sfruttare questa opportunità o se si tornerà, ancora una volta, al linguaggio delle bombe.
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