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8 Maggio 2025
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La resa della Germania nella Seconda guerra mondiale: cosa successe 80 anni fa

resa della Germania nella Seconda guerra mondiale

Il 8 maggio 1945 rappresenta una delle date più importanti del Novecento europeo: in quel giorno, la resa della Germania nella Seconda guerra mondiale pose fine al conflitto nel continente. Ma non si trattò di un atto immediato o semplice: fu il risultato di una settimana di trattative, ostilità residue, tensioni fra alleati e una leadership tedesca ormai priva di controllo.

La fine del regime nazista non fu solo militare, ma anche simbolica e politica: in quei giorni si concluse la storia del Terzo Reich, con la morte di Adolf Hitler, il collasso del comando tedesco e l’arresto degli ultimi rappresentanti del potere. Vediamo in dettaglio come si arrivò a questo punto cruciale.

Il suicidio di Hitler e la fine del Terzo Reich

Alla fine di aprile del 1945, le truppe sovietiche avevano circondato Berlino. Il dittatore tedesco Adolf Hitler, chiuso nel suo bunker sotto la Cancelleria del Reich, prese atto della sconfitta imminente. Il 30 aprile si suicidò insieme a Eva Braun, che aveva sposato il giorno prima. Il suicidio fu l’atto finale di un regime costruito sul terrore, sull’aggressione e sul culto della personalità.

Nel suo testamento politico, Hitler nominò Joseph Goebbels cancelliere e Karl Dönitz presidente. Goebbels si uccise il giorno dopo, assieme alla moglie e ai loro sei figli. Dönitz, invece, assunse brevemente la guida del cosiddetto governo di Flensburg, insediato nell’omonima città al confine con la Danimarca, nel disperato tentativo di negoziare una resa più favorevole con gli Alleati occidentali.

Le trattative separate e la diffidenza sovietica

Nel frattempo, un altro alto gerarca nazista, Heinrich Himmler, tentò senza autorizzazione di proporre una resa unilaterale agli Stati Uniti e al Regno Unito. L’idea era proseguire la guerra contro l’Unione Sovietica, nemico ideologico principale per il nazismo, e fermare gli scontri a ovest. Ma gli Alleati respinsero categoricamente l’offerta.

I sovietici, però, temevano che dietro queste manovre si celasse l’intenzione di firmare una pace separata. Questo sospetto aumentò la tensione tra i vincitori e influenzò profondamente le modalità con cui venne gestita la resa della Germania nella Seconda guerra mondiale.

Il fronte tedesco allo sfascio

Al momento della morte di Hitler, la Germania controllava ancora alcune aree, tra cui parte dell’Italia settentrionale, l’Austria, la Cecoslovacchia, la Norvegia, il nord della Germania, i Paesi Bassi e varie fortezze isolate sulla costa atlantica francese. In quelle zone, spesso isolate e difese da truppe improvvisate o costituite da adolescenti e anziani, le resistenze continuavano in modo scoordinato.

Nonostante ciò, la resa divenne inevitabile. Il 29 aprile, dopo lunghe trattative, oltre un milione di soldati tedeschi in Italia e Austria si arresero agli Alleati. Altri contingenti seguirono nei giorni successivi, mentre Berlino veniva presa dai sovietici.

La firma a Reims: resa incondizionata

Il 6 maggio 1945, Karl Dönitz inviò il generale Alfred Jodl a Reims, dove si trovava il quartier generale degli Alleati occidentali. L’obiettivo era ottenere una resa parziale, magari ritardando l’accettazione della sconfitta per evitare che i soldati tedeschi si consegnassero ai sovietici. Ma Dwight D. Eisenhower, comandante supremo delle forze alleate, fu inflessibile.

Rifiutò qualsiasi contatto diretto finché non ci fosse stato l’ordine di cessare il fuoco. Pretese una resa incondizionata, senza compromessi. Dopo un’intera giornata di resistenza diplomatica da parte di Jodl, la resa fu firmata nella notte del 7 maggio. Prevedeva la fine delle ostilità a partire dalle 23:01 dell’8 maggio 1945, per tutte le forze tedesche in ogni teatro di guerra.

resa della Germania nella Seconda guerra mondiale

Berlino: la seconda firma per i sovietici

Il documento firmato a Reims venne subito contestato da Mosca. I sovietici pretendevano una seconda firma, ufficiale, in un luogo simbolico. L’8 maggio 1945, nel quartier generale dell’Armata Rossa nei sobborghi di Berlino, il generale Wilhelm Keitel firmò nuovamente la resa, stavolta davanti al maresciallo Georgy Zhukov.

Il testo era identico, ma la firma fu considerata da Mosca come quella ufficiale. A causa del fuso orario, in Unione Sovietica era già il 9 maggio: ancora oggi, la Russia celebra in quella data la Giornata della Vittoria.

La fine del governo nazista e l’inizio dell’occupazione

Dopo la firma della resa, gli ultimi gerarchi vennero arrestati. Il governo di Flensburg fu smantellato entro pochi giorni. Dönitz e Keitel furono processati a Norimberga per crimini di guerra: il primo ricevette una condanna a dieci anni di prigione, mentre Keitel fu condannato a morte e giustiziato nel 1946.

La Germania fu occupata militarmente e divisa in zone di influenza. Negli anni successivi, questa divisione portò alla nascita di due stati tedeschi: la Repubblica Federale Tedesca (Ovest) e la Repubblica Democratica Tedesca (Est), in piena Guerra Fredda.

resa della Germania nella Seconda guerra mondiale

Il dopoguerra e la fine globale del conflitto

Anche se in Europa la guerra era finita, in Asia si continuava a combattere. Il Giappone si rifiutava di arrendersi. Per forzare la resa, gli Stati Uniti decisero di usare la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, rispettivamente il 6 e 9 agosto 1945. Morirono oltre 100.000 persone, la maggior parte civili. L’imperatore Hirohito annunciò la resa il 15 agosto. L’atto formale fu firmato il 2 settembre 1945, a bordo della USS Missouri.

Con ciò si concluse ufficialmente la Seconda guerra mondiale, sei anni e un giorno dopo l’invasione della Polonia da parte della Germania.

La resa della Germania nella Seconda guerra mondiale fu un punto di svolta epocale. Il Terzo Reich, che aveva promesso mille anni di dominio, durò solo 12. La guerra lasciò un’Europa devastata e cambiò per sempre gli equilibri geopolitici globali.

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Riminese, classe 1997. Direttrice editoriale di LaLettera22, un portale di informazione nato con l’obiettivo di raccontare la complessità del mondo attraverso l’approfondimento e la divulgazione di varie tematiche culturali.

Dopo la laurea in Lettere e culture letterarie europee presso l’Università di Bologna, ha proseguito il suo percorso accademico specializzandosi in Giornalismo e cultura editoriale all’Università di Parma. Da sempre appassionata di storia, geopolitica e comunicazione, ha trasformato il suo interesse in una missione divulgativa, lanciando il progetto Lettera22 sui social per rendere la cultura più accessibile e stimolare il dibattito su temi di attualità.

Oltre a dirigere il portale, lavora come articolista e social media manager, curando strategie editoriali e contenuti per il web. Il suo lavoro unisce analisi critica, narrazione e innovazione digitale, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico a temi spesso percepiti come distanti, rendendoli fruibili e coinvolgenti.

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