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29 Maggio 2025
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Nord Stream, il sabotaggio del secolo: la guerra del gas tra le superpotenze

nord stream

Sono le 2:03 del mattino del 26 settembre 2022 quando i sensori sismici svedesi rilevano una forte scossa al largo dell’isola di Bornholm, in Danimarca, nel Mar Baltico. Pochi minuti dopo, viene rilevato un secondo evento simile. Qualcosa di anomalo sta accadendo a diverse decine di metri sotto la superficie del mare. Enormi bolle di gas naturale salgono dal fondo dell’oceano: provengono dai gasdotti Nord Stream 2 e Nord Stream1, che collegano la Russia alla Germania. Dopo un primo momento di dubbio, arriva la conferma delle autorità svedesi: si tratta di un sabotaggio. È uno dei più gravi attacchi a un’infrastruttura civile dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Il caso Nord Stream: una cronologia di tensioni geopolitiche

Il Nord Stream 1 e il Nord Stream 2 sono tra le infrastrutture energetiche più strategiche e controverse d’Europa. I due gasdotti sottomarini, progettati per trasportare gas russo direttamente in Germania, evitano deliberatamente le zone economiche esclusive di Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia — Paesi storicamente ostili alla politica energetica del Cremlino — e incarnano la profonda dipendenza europea dal gas di Mosca.

La loro storia è il riflesso di una complessa intersezione tra cooperazione economica, competizione per le risorse e tensioni geopolitiche. I principali eventi legati alla costruzione, all’espansione e infine al sabotaggio del progetto sono i seguenti:

  • 2005 – Germania e Russia firmano l’accordo per la costruzione del gasdotto Nord Stream, con il sostegno politico del cancelliere Gerhard Schröder e del presidente Vladimir Putin.
  • 2011 – Entra in funzione il primo Nord Stream: una doppia condotta sottomarina lunga 1.220 chilometri collega Vyborg (Russia) a Greifswald (Germania), con una capacità totale di 55 miliardi di metri cubi l’anno.
  • 2011-2012 – Gli azionisti del consorzio avviano il raddoppio del gasdotto, dando vita al progetto Nord Stream 2, che avrebbe portato la capacità complessiva a 110 miliardi di metri cubi annui. Nel 2012, Nord Stream AG ((società svizzera controllata da Gazprom, responsabile della gestione del gasdotto Nord Stream 1) conferma la fattibilità tecnica del progetto.
  • Anni successivi – I Paesi baltici, la Polonia e gli Stati Uniti manifestano una crescente opposizione al progetto, temendo un eccessivo aumento della dipendenza energetica europea dalla Russia.
  • Febbraio 2022 – In risposta all’imminente invasione russa dell’Ucraina, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz sospende la certificazione del Nord Stream 2, impedendone l’attivazione. Poco dopo, anche Nord Stream 1 viene chiuso, ufficialmente per manutenzione, ma senza mai riprendere le forniture.
  • 26 settembre 2022 – Un sabotaggio sottomarino danneggia gravemente i gasdotti Nord Stream 1 e 2, causando perdite massive di gas nel Mar Baltico.

Secondo una stima pubblicata nel 2024 dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), l’incidente ha rilasciato nell’atmosfera circa 465.000 tonnellate di metano: è il più grande rilascio accidentale di gas serra mai registrato.

Chi indaga? Quando la geopolitica ostacola la verità

A occuparsi delle indagini sul sabotaggio dei gasdotti Nord Stream sono quattro Paesi. Da un lato la Germania e la Russia, direttamente coinvolti nello scambio del gas; dall’altro la Svezia e la Danimarca, situati in prossimità geografica. Le esplosioni, pur avvenute in acque non territoriali- e quindi non considerabili come un attacco diretto a uno Stato sovrano – ricadono all’interno delle zone economiche esclusive (ZEE) di Svezia e Danimarca, nei pressi dell’isola di Bornholm. Una circostanza che conferisce a questi due Paesi la giurisdizione sulle indagini ambientali e sui danni infrastrutturali.

A rendere le indagini opache e difficili, è la combinazione di più fattori:

  • La complessità tecnica di operare in ambiente sottomarino;
  • La mancanza di collaborazione tra le autorità europee, con Germania, Svezia e Danimarca che operano separatamente per non condividere tecnologie sofisticate e metodi investigativi;
  • Le tensioni geopolitiche innescate dalla guerra in Ucraina e dalle accuse incrociate tra Russia, Stati Uniti e Ucraina, che alimentano la diffidenza reciproca e ostacolano ogni forma di piena collaborazione.

Le accuse, la pista ucraina e il silenzio giudiziario

Non appena si apprende del sabotaggio, Mosca punta il dito contro i Paesi occidentali: Putin definisce l’attacco ‘’un atto di terrorismo internazionale’’ e accusa Stati Uniti e NATO di esserne i mandanti.

L’Occidente risponde sollevando il sospetto di un auto-sabotaggio orchestrato da Mosca: ad avvalorare l’ipotesi è la Danimarca che riferisce la presenza di navi militari russe nella zona pochi giorni prima delle esplosioni.

Le indagini tedesche seguono però un’altra pista. Secondo Berlino, il sabotaggio sarebbe stato compiuto da un commando ucraino partito a bordo di una barca a vela chiamata Andromeda, su cui sono state trovate tracce di esplosivo. Da qui nasce il sospetto di un’operazione segreta gestita da un ex colonnello delle forze speciali ucraine. Kyiv nega ogni coinvolgimento e accusa Mosca di fare disinformazione.

Nel novembre 2023, un’inchiesta congiunta del Washington Post e del settimanale tedesco Der Spiegel, suggerisce il coinvolgimento diretto dei vertici militari e politici ucraini ipotizzando che anche il presidente Zelensky fosse a conoscenza dell’operazione.

A giugno 2024, le autorità tedesche emettono un mandato di arresto europeo per un cittadino ucraino sospettato di aver preso parte all’operazione. L’uomo, rintracciato in Polonia, riesce però a rientrare in Ucraina a bordo di un veicolo con targa diplomatica. Berlino accusa Varsavia di aver ignorato l’ordine di arresto. La tensione diplomatica sale.

Le rivelazioni più recenti arrivano ancora da Der Spiegel, che dopo due anni di indagini ricostruisce l’intera operazione, identificando i membri del commando e il finanziamento dell’attacco –circa 300.000 dollari – da parte di un imprenditore legato ai servizi segreti ucraini. Secondo l’intelligence di Kyiv, le condotte del gas erano considerate fin dal 2019 un obiettivo militare legittimo.

Eppure, nonostante gli indizi, nessuno Stato – a parte la Germania- adotta misure concrete. Nel 2024 Svezia e Danimarca dichiarano chiusa l’indagine: Il più grande sabotaggio energetico d’Europa resta, ufficialmente, senza colpevoli.

Da Berlino a Washington, l’inversione dei ruoli

A quasi tre anni dalle esplosioni, il destino dei gasdotti Nord Stream si intreccia con nuovi equilibri internazionali. Se inizialmente gli Stati Uniti avevano accusato la Russia di auto-sabotaggio e si erano sempre opposti al progetto, oggi, con Donald Trump di nuovo alla Casa Bianca e i rapporti con Vladimir Putin meno tesi rispetto al passato, l’approccio statunitense appare più sfumato.

Al contrario, Berlino – un tempo partner centrale del gas russo e tra i principali sostenitori del Nord Stream – ha cambiato posizione: ora chiede di includere l’infrastruttura nelle sanzioni europee contro Mosca. Una svolta che segna il crollo definitivo della vecchia alleanza energetica tra Germania e Russia. In un mondo in continua trasformazione, dove gli equilibri si ribaltano più in fretta delle indagini, la verità sembra rimanere un passo indietro e il futuro è sempre più difficile da prevedere.

Fonti:

https://www.rsi.ch/info/mondo/Nord-Stream-di-chi-sono-le-responsabilit%C3%A0–2229435.html https://www.ft.com/content/3fcbf8b2-9796-4695-987c-9ba875abe5d4?utm_

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Nata nel 1998 in Basilicata, si è trasferita a Firenze per intraprendere gli studi universitari, laureandosi in Chimica presso l’Università degli Studi di Firenze, città in cui attualmente vive. Alla solida formazione scientifica affianca una profonda passione per la letteratura e la geopolitica, ambiti che esplora con curiosità e spirito critico. Convinta del valore del pensiero interdisciplinare, unisce nei suoi interessi l’analisi razionale della scienza e la complessità delle dinamiche culturali e internazionali.

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