“Ci sono libri che non esistono” direbbe Maccio Capatonda in uno delle sue produzioni. Ma qui non siamo sul set di uno dei suoi film e parleremo davvero di libri che “non esistono”, cioè che sono stati ideati appositamente per altri libri o film in modo da rendere più realistica la finzione.
I primi che potrebbero venire in mente sono il libro de “La storia infinita” o anche il “Necronomicon”, ma ci sono molti altri titoli che possiedono lo status di “libri nei libri” o “libri nei film”. Come mai ci piacciono così tanto?
Addentrarsi in un ulteriore livello di narrazione fa sì che la storia principale diventi viva e assuma dei contorni quasi tangibili. I protagonisti delle opere sono a loro volta degli esploratori che si addentrano in un nuovo mondo o comunque ne prendono spunto per plasmare la propria realtà. A volte la “finzione nella finzione” è talmente ben congegnata che diventa più importante della storia primaria e guida lo svolgersi degli eventi, influenzando le azioni dei personaggi.
Di seguito trovate libri più o meno noti della storia del cinema e della letteratura, tutte storie che, almeno una volta, abbiamo desiderato di tenere tra le mani per poterle leggerle.
“La filosofia dei viaggi nel tempo” – Donnie Darko
“Donnie Darko” è indubbiamente uno dei film più d’impatto della sua generazione. La pellicola è uscita in sordina nei cinema statunitensi soprattutto per una sfortunata coincidenza: poco più di un mese prima il mondo aveva assistito all’attentato alle torri gemelle; il film inizia con un incidente aereo, una circostanza a cui gli americani (e non solo) non erano proprio contenti di assistere.
Per “Donnie Darko” il successo è arrivato anni dopo grazie al passaparola e in breve tempo è diventato un cult per la generazione degli anni ’90 per via della sua denuncia sociale e della capacità di raccontare i drammi e le complessità degli adolescenti, oltre che per un intreccio di trama sconvolgente.
In questo film è centrale “La filosofia dei viaggi nel tempo”, un diario-manuale più che un libro vero e proprio, scritto dalla scienziata Roberta Sparrow. L’opera indaga e spiega le teorie dei viaggi nel tempo.
Donnie, il protagonista della storia, trova il diario e grazie a esso scopre qual è il suo ruolo nello scorrere degli eventi, diventando l’artefice del proprio destino e di quello dei suoi affetti. Il libro è fondamentale per la storia ed è grazie a esso che il gomitolo della trama, man mano, si srotola e raggiunge l’apice con la conclusione.
Questo breve diario, nato appunto nella finzione del film, è in realtà oggi consultabile online.
“Il ritorno di Misery” – Misery
In uno dei capolavori di Stephen King è la scrittura a essere protagonista. La trama la conosciamo già tutti: Paul Sheldon, scrittore di successo, viene tenuto prigioniero da Annie Wilkes, la sua “fan numero uno”, una folle ex infermiera che non ha accettato la fine della sua eroina Misery, nata dalla fantasia di Sheldon.
Lo scrittore, torturato dalla sua fan, è costretto da Annie a riscrivere una nuova avventura per Misery e a salvarla dalla morte, avvenuta nell’ultimo libro pubblicato.
La nuova opera di Paul Sheldon si chiama “Il ritorno di Misery” e ne leggiamo qualche stralcio nel libro di King, tra una minaccia e l’altra da parte della “dolce” Annie Wilkes. Cosa c’è di più affascinante di assistere alla creazione di un’opera letteraria, soprattutto se lo scrittore è prigioniero di una pazza?
“Il Grand Budapest Hotel” – Grand Budapest Hotel
Uno dei film più amati di Wes Anderson si basa sul libro di un misterioso autore (chiamato semplicemente “Autore”) che racconta la sua esperienza al Grand Budapest Hotel, un albergo sperduto tra le montagne dell’Europa orientale.
Il romanzo contiene a sua volta un racconto nel racconto: il libro è stato scritto infatti quasi 20 anni prima dall’inizio della narrazione e riporta le vicende raccontate da Zero Moustafa, proprietario dell’albergo, avvenute oltre 30 anni prima, quando era ancora un giovane inserviente.
Siamo quindi a oltre 50 anni di distanza dall’inizio del primo racconto e a un terzo livello di narrazione che contribuisce ad aumentare la dimensione onirica della storia (una caratteristica comune a molti, se non tutti, i film di Wes Anderson).
In questo caso il libro dà il “la” al film e disegna i confini della storia tra montagne est-europee non meglio identificate, accogliendoci al Grand Budapest Hotel come ospiti d’eccezione.
“Love Hurts” – Basic Instinct
Probabilmente “Love Hurts” non è la prima cosa che gli entusiasti di cinema si ricordano quando pensano a “Basic Instinct”, ma vale la pena inserire questo libro nella lista per un semplice motivo: l’opera della psicologa e scrittrice Catherine Tramell è quasi un presagio di ciò che accade nel film.
Sospettata dell’omicidio di Johnny Boz, Tramell inizia una turbolenta relazione con Nick, detective assegnato al caso. “Love Hurts” racconta di una passione simile, intrecciata però con il crimine e molto violenta. Il libro alla fine diventa la prova decisiva per risolvere il caso.
Purtroppo non assaporiamo granché della storia narrata nel romanzo, ma a giudicare da come lo presenta il film sembra proprio un thriller-crime da non perdere.
“La cavalletta non si alzerà più” – L’uomo nell’alto castello. Un libro che svela la verità nella finzione
Philip K. Dick, maestro della fantascienza e del distopico, nel suo “L’uomo nell’alto castello” inserisce un libro significativo dal titolo “La cavalletta non si alzerà più”.
Nel romanzo di Dick è l’asse ad aver vinto la seconda guerra mondiale e il mondo è dominato dalla Germania e dal Giappone. Gli Stati Uniti sono divisi tra le due superpotenze che si sono spartite il territorio e hanno creato una zona cuscinetto, le Montagne Rocciose, per separare le due aree.
Al centro della vicenda c’è un libro, “La cavalletta non si alzerà più”, scritto da Hawthorne Abendsen e bandito dal regime per il suo contenuto sovversivo. L’opera infatti racconta di una realtà alternativa dove sono gli alleati ad aver vinto il conflitto e il mondo ha trovato il suo equilibrio.
Proprio il libro spingerà Juliana, una dei protagonisti, a svoltare la propria vita e iniziare un viaggio contro il regime, allo scopo di incontrare Abendsen e scoprire da dove è nata la sua idea.
“De Vermis Mysteriis” – Robert Bloch:
Chi ama Lovecraft sa che nel ciclo di Cthulhu appare “De Vermis Mysteriis”, un grimorio inventato da Robert Bloch. Bloch e Lovecraft hanno intrattenuto una fitta corrispondenza ed è stato proprio il secondo a consigliare al di lui più giovane scrittore di scegliere il titolo in latino invece dell’iniziale “Mysteries of Worm”. Lovecraft ha poi integrato il grimorio nelle proprie opere.
Il grimorio sarebbe stato scritto da tale Ludwig Prinn, un alchimista ideato da Bloch. Prinn ha inserito nel grimorio numerosi incantesimi che permettono all’utilizzatore di evocare entità mostruose e fuori dal controllo umano.
Il libro viene citato per la prima volta in “L’orrore dalle stelle”: il protagonista, leggendolo, evoca per sbaglio una creatura mostruosa proveniente da un’altra dimensione. L’uomo viene a conoscenza del grimorio mentre è alla ricerca di tomi proibiti (e inventati), tra i quali anche il “Necronomicon”.
E poi come non citare “Se una notte d’inverno un viaggiatore” inserito nell’omonimo libro di Italo Calvino, o i tanti libri inventati da Borges per dare spessore alla sua finzione, o anche “L’ombra del vento” dell’omonima opera di Zafón, oppure gli appunti di Victor von Frankestein mostrati in “Frankestein Junior”.
Di esempi ce ne sono tantissimi e per tutti i gusti. Che siate dei voraci lettori o dei cinefili incalliti, scommettiamo che avete almeno un “libro inesistente” che tenete nel cuore.
Aiutaci a far nascere il Progetto Editoriale LaLettera22, contribuisci alla raccolta fondi