Vista come un simbolo di progresso tecnologico e di innovazione, l’imbarcazione era un modo per affermare ancora una volta la superiorità dell’uomo sulla natura. Considerata invulnerabile, la nave era un inno al perfezionamento continuo, ma anche alla speranza e al cambiamento.
Di ciò che è successo ne avevamo già parlato in un
articolo dedicato, di quella sera nefasta in cui il transatlantico urtò l’iceberg che scrisse la sua condanna a morte e quella di quasi 1.500 persone. Il Titanic, che ai tempi era l’imbarcazione più grande, più elegante e più sicura, diventò un relitto durante il suo viaggio inaugurale a causa dell’
arroganza umana.
Una promessa di grandezza e lusso
Il viaggio inaugurale del Titanic doveva essere una dimostrazione di lusso e della grandezza dell’ingegno umano.
Il nome di per sé raccontava di un’impresa molto ambiziosa, insieme alle imponenti dimensioni della nave, ma furono gli interni il vero fiore all’occhiello dell’imbarcazione.
Il Titanic accoglieva i passeggeri nello sfarzo più totale, anche quelli meno abbienti: le stanze della terza classe, seppur molto meno lussuose di quelle di prima e seconda, erano comunque ben più confortevoli di quelle dello stesso livello di altre navi dell’epoca.
L’obiettivo dei costruttori era riprodurre lo stile e i servizi degli hotel più eleganti, in modo che i passeggeri potessero accedere ai migliori lussi. Agli ospiti della prima classe erano riservati un salone per diversi tipi di svago, una biblioteca, una sala fumatori, tre ristoranti, una sala di reception per consumare aperitivi, una sala da pranzo, una piscina, un bagno turco e un campo da squash e un ufficio postale. Non poteva mancare poi un’orchestra di bordo.
Anche i passeggeri di seconda classe avevano accesso a una biblioteca e a una sala fumatori dedicata, insieme alla sala da pranzo. La terza classe, separata dalle altre, poteva comunque contare cabine di dimensioni ridotte, con un massimo di 10 posti letto, e non i grandi dormitori presenti sulle altre navi.
Un lusso a portata di tutti, insomma, anche di chi non era abituato a viverlo. Tra chi viaggiava per ostentare la propria ricchezza, chi per dire di aver fatto parte di un viaggio storico e chi per trovare una nuova speranza oltreoceano, nessuno avrebbe mai immaginato di dire addio a tutto ciò che conosceva e desiderava.
L’arroganza al timone del Titanic
In rotta verso gli Stati Uniti, il 14 aprile 1912 il Titanic ricevette ben sei avvisi di iceberg in prossimità della sua direzione, tutti ignorati. D’altronde, perché un’imbarcazione “inaffondabile” avrebbe dovuto aver paura di un iceberg? Con i suoi sedici compartimenti stagni, anche se quattro si fossero allagati la navigazione sarebbe potuta proseguire in sicurezza. La sorte ne fece allagare cinque.
L’eventualità di un incidente fatale non era concepita. Una nave così elegante e sfarzosa non poteva appartenere al fondo del mare, no: apparteneva al mondo del successo e della meraviglia. Costruito per resistere a qualsiasi condizione, il Titanic era in un certo senso il simbolo dell’immortalità. Immortale, in effetti, lo è diventato, ma non nel modo in cui gli ingegneri di Harland and Wolff, l’industria navale che costruì l’imbarcazione, avevano previsto.
Il delirio di onnipotenza non colpì solo Edward John Smith e Bruce Ismay, rispettivamente il primo comandante della nave e il direttore della compagnia navale White Star Line, ma anche altri membri dell’equipaggio. Alcuni avvisi non vennero nemmeno recapitati a Smith e l’uomo, insieme a Ismay, decise addirittura di aumentare la velocità della nave: entrambi erano fiduciosi che, vista la navigazione tranquilla dei giorni precedenti, sarebbero potuti sbarcare a New York addirittura con un giorno d’anticipo.
La leggerezza con cui l’intero equipaggio trattò gli avvisi ricevuti fu, come sappiamo, fatidica. Quella notte ricchi e meno ricchi, borghesi e poveri in cerca di una nuova vita diventarono tutti uguali di fronte all’ineluttabilità del destino.
Beh, quasi uguali: per i passeggeri di prima e seconda classe era più facile accedere al ponte delle scialuppe, a differenza degli ospiti della terza classe che fecero fatica a trovare il percorso; a causa di ciò, solo un quarto di loro sopravvisse al naufragio.
Il naufragio di un sogno di onnipotenza
La tragedia del Titanic non fu solo il naufragio di un’imbarcazione ai tempi colossale, ma anche dei sogni di grandiosità dell’epoca. L’evento ebbe ripercussioni anche sulla società e su quell’idea di invincibilità che si respirava in Europa.
Il translatlantico avrebbe dovuto rappresentare il sogno diventato realtà, un progetto ambizioso che prendeva vita tra le assi di legno e i motori, che univa alta borghesia e classi più umili per portarle nel nuovo mondo, ma che ha trovato la sua fine negli abissi dell’oceano, trascinando tutti con sé, indipendentemente dal loro stato sociale.
Il Titanic, insomma, da speranza venne visto come un monito: anche i sogni più grandi, purtroppo, possono inabissarsi.