Oggi: 11 Giugno 2025
6 Giugno 2025
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Addio alle urne: il patriottismo ai tempi del 2 giugno

Alle soglie del referendum, nelle giornate successive a quella in cui si celebra il referendum per eccellenza – quello che ha dato vita alla Repubblica Italiana – la domanda è lecita: che cos’è il patriottismo? E ne rimanda inevitabilmente a un’altra: chi sono i patrioti oggi? Ce ne sono ancora?

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I giovani se ne vanno, e chi rimane è sommerso dallo schiacciamento del capitalismo. Il divario cresce: tra chi può permettersi la tanto agognata triade casa-famiglia-lavoro, tra affitti alle stelle e stipendi congelati, contratti farlocchi e un senso di incertezza soffocante… e chi, semplicemente, o se ne va o perisce dentro un welfare che non sa assistere, né gli italiani “da sempre”, né quelli che italiani vogliono diventarlo.

Capire cosa voglia dire essere patrioti ha la stessa importanza di capire cosa significhi essere italiani. Quando diritti e doveri non ti portano nemmeno a fine mese, cos’altro resta? Sempre ammesso che sia ancora un popolo, uno solo, quello di cui parliamo.

La fantasia dei popoli che è giunta fino a noi
Non viene dalle stelle
Alla riscossa, stupidi, che i fiumi sono in piena
Potete stare a galla
E non è colpa mia se esistono carnefici
Se esiste l’imbecillità
Se le panchine sono piene di gente che sta male
Up patriots to arms, engagez-vous
La musica contemporanea, mi butta giù
— Franco Battiato

La canzone di Battiato, tanto criptica quanto moderna, non a caso è stata riproposta più volte e ha fatto ritorno nelle classifiche italiane in varie occasioni. Il suo è un richiamo non tanto alle armi, quanto alla partecipazione. Quella che c’era nell’Italia del dopoguerra, dove quasi il 90% degli aventi diritto (28 milioni di persone, per capirci) si presentò alle urne.

L’abbaglio dell’Italia unita, finalmente repubblicana e democratica, ha avuto uno slancio iniziale, certo. Ma referendum dopo referendum, governo dopo governo, l’entusiasmo è scemato. Le illusioni si sono fatte disincanto. 

Affluenza ai referendum: numeri che parlano da soli

AnnoOggettoAffluenza (%)Esito PrincipaleNote
1946Forma istituzionale dello Stato (Monarchia o Repubblica)89.08Repubblica (54.27%)Prima volta al voto per le donne. Nascita della Repubblica.
1974Divorzio (abrogazione della legge sul divorzio)87.72NO – il divorzio restaAlta partecipazione. Sconfitta di Chiesa e DC.
1987Nucleare65.11SÌ – abbandono energia nucleareDopo Chernobyl. L’Italia svolta.
1995Acqua pubblica, pensioni, TV locali (12 quesiti)57.00SÌ, ma affluenza al limitePartecipazione in netto calo.
2011Acqua, nucleare, legittimo impedimento54.79SÌ – abrogazione confermataGrande mobilitazione anche sul web.
2016Riforma costituzionale Renzi-Boschi65.47NO – Renzi si dimetteAlta affluenza per gli standard recenti.
2022Giustizia (5 quesiti)20.95SÌ, ma quorum non raggiuntoPartecipazione ai minimi storici.

La tabella parla chiaro, e nemmeno le aspettative per il prossimo referendum sono troppo alte: si prevede un’affluenza intorno al 40%, con il rischio concreto di non raggiungere il quorum. Il denaro pubblico investito – circa 90 milioni di euro – rischia così di essere sperperato nell’organizzazione di una macchina referendaria complessa, che mobilita oltre 300.000 persone tra presidenti di seggio, scrutatori, segretari e personale di supporto.

C’è ancora domani. E ancora dopodomani.

Ma c’è ancora domani, per restare in tema cinematografico, e dopodomani e altri giorni ancora per riflettere sul da farsi, per informarsi, per prendere una posizione, per utilizzare uno dei pochi strumenti di partecipazione diretta che ci sono in Italia. Perchè volendo gli strumenti ci sono, volendo..

E proprio domenica, oltre alla delicatissima questione del lavoro (con quattro leggi oggetto di voto abrogativo), si vota anche sulla cittadinanza. Il quesito propone di ridurre da dieci a cinque anni il tempo di residenza legale necessario per richiedere la cittadinanza italiana, secondo la legge 5 febbraio 1992, n. 91.

«Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.” della legge 5 febbraio 1992, n. 91?»

Cinque anni, dieci anni, o tutta una vita.

Forse, alle volte, ci si pone le domande sbagliate.
Cosa significa essere italiani? Servono cinque o dieci anni per diventarlo?

Il voto riguarda chiaramente, per la maggiore, gli stranieri in Italia. In particolare, il quesito propone di abrogare una parte dell’art. 9 della legge 91/1992il requisito di dieci anni di residenza per ottenere la cittadinanza (lettera f), e parte delle regole per gli adottati maggiorenni (lettera b).

Quel requisito dei dieci anni fu introdotto quando la Repubblica affrontava per la prima volta, sul serio, il tema dell’immigrazione. Prima c’era una legge regia del 1912, ora non più valida.

Rispondere “sì” significa creare un vuoto normativo e affidare al legislatore attuale questo arduo compito.
Siamo in buone mani?

Sia per il sì che per il no, l’importante, comunque, è andare a votare, se pensi di essere italiano.
E se sei patriota, ovvero ami la tua patria, il posto dove vai a votare.

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Laureato in Comunicazione, ha lavorato per anni come montatore video nel campo dell’informazione, occupandosi di news e redazionali per diverse testate italiane. Parallelamente ha insegnato italiano a stranieri, unendo l’interesse per il linguaggio a quello per l’incontro tra culture. Ha vissuto ad Atene e a Praga e attualmente si trova a Vicenza. Viaggiatore ed esploratore instancabile, oggi scrive reportage e racconti di realtà, con uno sguardo attento alle trasformazioni del lavoro e alla dignità di chi lo attraversa ogni giorno, spesso in silenzio.

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