Quando si parla dell’Olocausto, spesso i numeri e le date rischiano di sfociare in astrazioni. Ma dietro quei numeri ci sono volti, storie, e spesso figure oscure che incarnarono la brutalità di uno dei capitoli più oscuri della storia umana. Amon Göth è una di quelle figure: il comandante del campo di concentramento di Płaszów, tristemente noto per la sua crudeltà feroce, il sadismo senza limiti e la totale assenza di umanità.
@lettera22_ Questa è la storia di Amon Göth, il comandante del campo di concentramento di Płaszów. L’uomo che si svegliava la mattina e decideva chi uccidere prima ancora di fare colazione. L’uomo che ispirò uno dei ritratti più inquietanti mai portati sul grande schermo. #storiacontemporanea #olocausto #secondaguerramondiale #storia #campidiconcentramento
Nato nel 1908 a Vienna, Göth si imbarcò molto presto nella carriera nazista, rispecchiando un mix di ideologia fanatica e una personalità disturbata. Il suo nome è rimasto impresso nella memoria collettiva anche grazie alla rappresentazione cinematografica in Schindler’s List, ma la sua storia reale è ancora più inquietante e piena di dettagli che svelano il volto di un uomo capace di trasformare un campo di lavoro in un vero inferno in terra.
Dalla Vienna degli anni ’30 al comando di Płaszów: la nascita di un carnefice
Amon Göth nacque in una famiglia viennese non particolarmente distinta, ma presto si avvicinò all’ideologia nazionalsocialista che dilagava in Austria e Germania. Entrò nelle SS austriache molto giovane, mostrando fin da subito un’adesione rigorosa e fanatica al regime di Hitler. La sua carriera nelle SS fu caratterizzata da un rapido avanzamento, alimentato da una combinazione di efficienza, brutalità e totale assenza di scrupoli morali.
Nel 1943 Göth venne nominato comandante del campo di concentramento e lavoro di Płaszów, nei pressi di Cracovia, in Polonia. Questo campo divenne presto uno dei luoghi più temuti del sistema nazista. La sua posizione geografica, situata su un terreno che un tempo era un cimitero ebraico, aggiungeva un’ulteriore macabra tragicità alla realtà quotidiana dei prigionieri. Per Göth, però, Płaszów era qualcosa di più di un semplice campo di concentramento: era il suo regno personale, un luogo dove poteva dare libero sfogo alla sua crudeltà senza limiti.
Nel campo, Göth mise in pratica una politica di terrore assoluto. Non solo supervisionava deportazioni e uccisioni di massa, ma spesso prendeva decisioni sanguinarie basate su capricci o semplicemente sul desiderio di esercitare il proprio potere. La sua “tattica” preferita era sparare ai prigionieri direttamente dal balcone della sua villa, un gesto che testimonia quanto il terrore e la violenza fossero per lui un gioco crudele, un modo di affermare la propria supremazia umana e psicologica.
Płaszów: il campo del terrore e della follia sadica
Il campo di Płaszów sotto la guida di Amon Göth non era solo un luogo di lavoro coatto, ma una prigione dell’orrore senza precedenti. Le condizioni di vita erano disumane: fame, malattie, fatica estenuante e, soprattutto, la paura costante della morte. Ma ciò che lo rendeva unico, e ancor più terribile, era la personalità del comandante.
Göth non era un semplice burocrate del male; era un carnefice che sembrava divertirsi con la sofferenza altrui. Testimonianze di sopravvissuti raccontano di come sparasse ai detenuti come se fossero bersagli da tiro a segno, di come facesse uccidere intere file di prigionieri semplicemente per un piccolo errore o per pura brutalità. Le esecuzioni sommarie erano all’ordine del giorno, così come i maltrattamenti gratuiti. Non era raro che il comandante ordinasse la morte di qualcuno solo perché non aveva risposto prontamente a un comando.
In mezzo a tutto questo, la contraddizione più straziante era la sua vita personale: Göth viveva in una villa elegante dentro il campo, con cavalli, auto e tutto il lusso che poteva permettersi grazie ai beni sottratti agli ebrei deportati. Mentre dal suo balcone sceglieva chi uccidere, intorno a lui si svolgeva il dramma umano di migliaia di persone condannate a morte.
L’ombra di Oskar Schindler: corruzione, salvezza e la complessità di un’epoca
In questo inferno di crudeltà, emerse però una figura che cercò di opporsi a quella barbarie: Oskar Schindler. L’imprenditore tedesco riuscì, attraverso un’abile combinazione di corruzione e astuzia, a salvare la vita di più di mille ebrei. Schindler intrattenne rapporti con Göth, fornendogli regali costosi e tangenti, riuscendo così a proteggere alcuni prigionieri.
Questo rapporto mette in luce un aspetto inquietante dell’epoca: la brutalità di Göth era tale che perfino la corruzione diventava uno strumento di salvezza per alcuni. Mentre Göth perpetuava il suo regime di terrore, Schindler riusciva a piegare quel sistema dall’interno, dimostrando che anche nelle tenebre più profonde poteva brillare una scintilla di umanità.
Tuttavia, non bisogna farsi illusioni. Płaszów restava un campo di morte, e le atrocità erano all’ordine del giorno. La “giostra dei bambini”, il gioco sadico in cui Göth decideva chi sarebbe stato giustiziato e chi risparmiato, testimonia la sua natura spietata e disumana. Ogni giorno rappresentava una lotta disperata per la sopravvivenza, e il più piccolo errore poteva costare la vita.
Processo, condanna e l’eredità oscura di Amon Göth
La fine della guerra segnò anche la fine del potere di Amon Göth. Nel 1944 fu rimosso dal comando e successivamente arrestato dagli Alleati. Dopo la guerra, Göth fu processato a Cracovia per i suoi crimini contro l’umanità. Durante il processo emersero con chiarezza le sue responsabilità: ordini di esecuzioni sommarie, torture, e un regime di terrore sistematico che non lasciava spazio alla pietà.
Condannato a morte, fu impiccato nel settembre del 1946. La sua esecuzione, lunga e difficile, fu l’ultimo atto di una vita trascorsa a seminare dolore. Le sue ceneri furono disperse nel fiume Vistola, simbolo di un passato che il mondo voleva dimenticare, ma che non deve mai essere cancellato dalla memoria.
Oggi Amon Göth resta il simbolo di una delle forme più estreme di crudeltà umana. Non era solo un esecutore degli ordini, ma un uomo che scelse di trasformare la violenza in un gioco quotidiano, un carnefice che incarnò l’essenza del male nazista. La sua figura serve da monito e da lezione, affinché l’orrore non si ripeta mai più.
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