La missione “Midnight Hammer”: come l’aviazione americana ha colpito l’Iran di sorpresa
Nel cuore della notte tra sabato 21 e domenica 22 giugno 2025, gli Stati Uniti hanno lanciato un’operazione militare di precisione contro tre siti nucleari iraniani. Si tratta della prima azione diretta di Washington contro Teheran da quando il conflitto in Medio Oriente si è intensificato con l’entrata in guerra dell’Iran a fianco dei gruppi armati ostili a Israele. Il bombardamento, secondo quanto confermato in una conferenza stampa dal generale Dan Caine, è stato pianificato con un sofisticato sistema di depistaggio ed è stato condotto da bombardieri invisibili B-2 Spirit partiti dalla base aerea di Whiteman, Missouri.
Il piano, denominato Midnight Hammer (Martello di Mezzanotte), si è articolato in due fasi distinte: una missione visibile, volta a distrarre eventuali osservatori militari, e una missione nascosta, che ha realmente colpito gli obiettivi strategici. Da Whiteman sono decollati due gruppi di velivoli. Il primo, formato da sei B-2 e otto KC-135 Stratotankers, è volato verso ovest, nella direzione dell’Oceano Pacifico, apparentemente diretto verso la base americana di Guam o quella britannica di Diego Garcia. Il loro volo era tracciabile online, e proprio questo ha tratto in inganno analisti, appassionati e forze armate avversarie.
Contemporaneamente, però, un secondo gruppo di bombardieri B-2 Spirit si è sollevato in volo in gran segreto, dirigendosi verso est. Nessun tracciamento pubblico li ha rilevati, ma i mezzi statunitensi hanno sorvolato l’Atlantico, attraversato il Mediterraneo e si sono avvicinati allo spazio aereo iraniano rimanendo del tutto invisibili. I rifornimenti in volo hanno garantito loro un’andata e ritorno senza scali intermedi, rendendo l’attacco non solo possibile, ma anche inatteso e quasi impossibile da contrastare.
I bombardamenti: colpiti Fordo, Natanz e Isfahan, i tre cardini del programma nucleare iraniano
La seconda fase dell’operazione Midnight Hammer si è svolta attorno alle 2:10 ora locale di domenica mattina in Iran (poco dopo mezzanotte in Italia). I bombardieri americani hanno colpito tre delle strutture più sensibili del programma nucleare iraniano: Fordo, Natanz e Isfahan. Secondo quanto confermato sia dagli Stati Uniti che dallo stesso governo iraniano, l’attacco ha danneggiato impianti strategici dove si sospetta venga prodotto uranio arricchito.
Fordo, il sito più protetto, è situato all’interno di una montagna e ritenuto praticamente inespugnabile dalle difese convenzionali. Per questa ragione, su di esso sono state sganciate 14 bombe bunker buster, progettate per penetrare strutture sotterranee e distruggere installazioni militari profonde. Natanz, altro sito noto per l’arricchimento dell’uranio, è stato colpito con la stessa intensità, mentre il complesso nucleare di Isfahan è stato bersagliato con oltre 20 missili da crociera Tomahawk, lanciati da sottomarini statunitensi dislocati nel Mare Arabico.
L’intera missione ha coinvolto più di 125 velivoli, tra cui caccia per la scorta, aerei da ricognizione, velivoli per intelligence e unità di supporto per il rifornimento. Un’operazione aerea di questa portata non si vedeva da tempo e segna una decisa escalation nella crisi geopolitica tra Iran, Stati Uniti e Israele. Il presidente Donald Trump ha dichiarato in un discorso ufficiale che le capacità iraniane di arricchimento dell’uranio sono state “completamente e totalmente annientate”, ma il generale Caine, con maggiore prudenza, ha precisato che le valutazioni sono ancora in corso, anche se ha parlato di “danni gravi e significativi”.
La stampa internazionale aveva già ipotizzato un possibile depistaggio fin dalle prime ore dopo l’attacco. Un post pubblicato su X (ex Twitter) da un cittadino del Missouri, che raccontava di aver visto i B-2 dirigersi verso est, è stato condiviso migliaia di volte. A posteriori, si è rivelato una delle prime testimonianze pubbliche del vero movimento dei bombardieri. Alcuni esperti hanno confermato che quel post aveva colto per primo il punto debole dell’intera manovra di copertura.
Rientro senza reazione: l’Iran non ha intercettato gli aerei americani
Un altro elemento sorprendente dell’attacco è stato l’assenza totale di una risposta da parte iraniana. Il generale Caine ha dichiarato che l’aviazione iraniana non è mai decollata, né è stato attivato alcun sistema di difesa antiaerea. Non è stato sparato un solo colpo contro la squadra d’attacco. Questo dato potrebbe significare che l’Iran non si sia accorto dell’incursione in tempo reale, oppure che abbia preferito non ingaggiare lo scontro per evitare una contro-escalation immediata.
Subito dopo l’attacco, tutti gli aerei statunitensi si sono ritirati rapidamente, anche se non è stato specificato ufficialmente se siano rientrati a Whiteman o in basi alleate più vicine. Solo una volta che tutti i mezzi erano fuori dallo spazio aereo iraniano, Donald Trump ha annunciato pubblicamente l’operazione, limitando al minimo i rischi per il personale coinvolto.
Questo attacco rischia di segnare un punto di non ritorno nella crisi in corso. Da settimane, il governo iraniano era stato accusato di sostenere direttamente e indirettamente gruppi armati in Libano, Siria e Gaza. L’azione degli Stati Uniti – motivata secondo la Casa Bianca dalla necessità di disinnescare una minaccia nucleare imminente – ha inevitabilmente rialzato la tensione in tutta la regione.
Teheran, per ora, ha confermato l’attacco ma non ha rilasciato dichiarazioni sulle sue eventuali contromisure. Resta da vedere se l’Iran opterà per una risposta militare, per una mossa diplomatica oppure per un’escalation su altri fronti, come quello cyber o attraverso attori terzi. Le prossime settimane saranno decisive per capire se questo intervento sarà un caso isolato o l’inizio di una nuova fase del conflitto.
Aiutaci a far nascere il Progetto Editoriale LaLettera22, contribuisci alla raccolta fondi