Domenica 13 luglio, nella cittadina di al Mazra’a Ash-Sharqiya, a pochi chilometri da Ramallah, si è svolto il funerale di due giovani palestinesi uccisi due giorni prima durante un’aggressione da parte di coloni israeliani. Sayfollah Musallet, 20 anni, cittadino statunitense, e Hussein al Shalabi, 23, sono stati brutalmente uccisi nel corso di scontri che hanno scosso nuovamente la Cisgiordania occupata. Uno è morto in seguito a un violento pestaggio, l’altro è stato colpito da un proiettile al petto.
Il caso ha attirato l’attenzione dei media internazionali più di altri episodi simili, perché Musallet aveva la cittadinanza americana. Era nato e cresciuto in Florida, e si trovava in Cisgiordania per trascorrere l’estate con la madre. La sua morte, come tante altre, rischia però di rimanere senza giustizia.
Una lunga scia di aggressioni
Negli ultimi due anni, le violenze compiute da coloni israeliani nei confronti dei palestinesi in Cisgiordania sono aumentate in modo preoccupante. Secondo le Nazioni Unite, negli ultimi 18 mesi si sono registrati oltre 2.000 attacchi. Si tratta di aggressioni che includono distruzione di proprietà, incendi, minacce armate e, come in questo caso, omicidi.
Nonostante la gravità dei fatti, raramente si arriva a processi o condanne. La maggior parte degli episodi resta impunita, spesso ignorata dalle autorità israeliane o archiviata per “mancanza di prove”. Anche per l’attacco del 12 luglio, l’esercito israeliano ha dichiarato di aver aperto un’indagine, ma esperienze precedenti inducono a non nutrire molte speranze: in decine di casi simili, nessuno è mai stato ritenuto responsabile.
I fatti di al Mazra’a Ash-Sharqiya
Quel venerdì, Musallet e al Shalabi stavano partecipando a una manifestazione nei campi agricoli vicino alla cittadina, dove erano già avvenuti attacchi nelle settimane precedenti. Durante la marcia è sopraggiunto un gruppo di coloni armati, e da lì è scoppiata una situazione caotica e violenta. Alcune abitazioni palestinesi sono state incendiate o distrutte. I due giovani sono rimasti uccisi nei disordini.
Secondo i racconti dei familiari, Musallet è stato accerchiato da un gruppo di coloni e picchiato per lungo tempo. I soccorsi non sono riusciti ad arrivare: i coloni avrebbero impedito fisicamente l’intervento dei mezzi di emergenza. Dopo oltre tre ore, il fratello di Sayfollah è riuscito a portarlo all’ambulanza, ma ormai era troppo tardi. Al Shalabi è stato invece trovato molto dopo, colpito al petto da un proiettile e con evidenti segni di percosse.
La rabbia di una comunità
Durante i funerali, la famiglia di Musallet ha espresso una forte frustrazione per l’ennesimo episodio di violenza destinato, con ogni probabilità, a restare senza conseguenze. La presenza della cittadinanza statunitense ha spinto i parenti a chiedere l’intervento del governo americano. Tuttavia, le speranze che l’amministrazione di Donald Trump – notoriamente alleata del primo ministro israeliano Netanyahu – prenda posizione sono ridotte.
Inoltre, la comunità locale di al Mazra’a Ash-Sharqiya è strettamente legata agli Stati Uniti: molti dei 3.000 abitanti hanno familiari oltreoceano o la doppia cittadinanza. Questo non ha però garantito alcuna forma di protezione.
Un’escalation legata anche alla guerra a Gaza
L’intensificazione degli attacchi dei coloni è coincisa con l’inizio della guerra a Gaza. Da gennaio 2024, secondo fonti locali, almeno 11 palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania durante aggressioni simili. A questi si aggiungono oltre 620 persone uccise direttamente dall’esercito israeliano.
L’elenco delle vittime con cittadinanza americana continua a crescere. Prima di Musallet, erano già stati uccisi la giornalista Shireen Abu Akleh, il 14enne Omar Mohammad Rabea e l’attivista Aysenur Ezgi Eygi, tutti colpiti da fuoco israeliano – militare o civile – senza che nessuno sia stato condannato.
Una terra contesa, un’occupazione illegale
La Cisgiordania è, secondo il diritto internazionale, un territorio palestinese occupato illegalmente da Israele sin dal 1967. L’occupazione si è consolidata negli anni attraverso la costruzione di decine di insediamenti di coloni, autorizzati o tollerati dal governo israeliano. Oggi si contano circa 700.000 coloni israeliani distribuiti in oltre 200 insediamenti, spesso vicini o sovrapposti ai villaggi palestinesi.
I 3 milioni di palestinesi che vivono in Cisgiordania devono fare i conti con un sistema di separazione forzata, checkpoint militari, restrizioni alla libertà di movimento, demolizioni di case, e un’applicazione della legge profondamente discriminatoria. Nei frequenti scontri, l’esercito israeliano tende a proteggere i coloni, spesso anche durante aggressioni manifeste.
La politica americana e il ruolo di Trump
Il contesto internazionale complica ulteriormente la ricerca di giustizia. A gennaio 2025, Donald Trump – tornato alla presidenza – ha revocato le sanzioni imposte da Joe Biden l’anno precedente nei confronti di alcuni coloni israeliani e gruppi estremisti responsabili di atti violenti. Questa decisione ha rafforzato il senso di impunità tra i coloni e lasciato i palestinesi ancora più esposti.
Le sanzioni revocate colpivano figure chiave in operazioni documentate di violenza: erano state salutate come un primo tentativo di dissuasione internazionale. La loro abolizione ha invece inviato un messaggio opposto.
La morte di Sayfollah Musallet e Hussein al Shalabi rappresenta l’ennesimo capitolo di una tragedia silenziosa che si consuma quotidianamente in Cisgiordania. L’indignazione internazionale è tiepida, le indagini sono deboli, e le famiglie delle vittime non trovano giustizia. La presenza della doppia cittadinanza, che dovrebbe offrire almeno una forma di tutela diplomatica, si rivela spesso irrilevante.
Finché gli attacchi continueranno a essere ignorati, e finché le potenze mondiali non eserciteranno una pressione reale, la spirale della violenza in Cisgiordania non potrà interrompersi. Restano i funerali, la rabbia e l’eco di vite spezzate troppo presto.
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