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8 Maggio 2025
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Crisi tra India e Pakistan: cosa c’è dietro i nuovi attacchi

Crisi tra India e Pakistan
Supporters of Markazi Muslim League party burn an Indian flag during a demonstration to condemn Indian missile strikes, in Peshawar, Pakistan, Wednesday, May 7, 2025. (AP Photo/Muhammad Sajjad)

La tensione tra India e Pakistan è riesplosa con forza. Il 6 maggio, l’esercito indiano ha lanciato un attacco aereo contro obiettivi nel territorio del Pakistan e nel Kashmir sotto controllo pakistano. L’azione ha causato almeno 20 vittime. È stata presentata come una rappresaglia per l’attentato del 22 aprile a Pahalgam, nel Kashmir indiano, dove un’esplosione ha ucciso 26 persone. L’India accusa un gruppo armato noto come Fronte della Resistenza, che ritiene legato al Pakistan, di essere il responsabile.

Da parte sua, Islamabad ha negato ogni coinvolgimento, accusando l’India di “aggressione ingiustificata” e promettendo ritorsioni. La comunità internazionale osserva con attenzione, consapevole che ogni scintilla potrebbe trasformarsi in un incendio. La crisi tra India e Pakistan è l’ultima manifestazione di uno dei conflitti geopolitici più lunghi e intricati del nostro tempo.

Una storia che parte dal 1947

Per capire la posta in gioco, bisogna tornare alla fine del dominio britannico nel subcontinente indiano. Quando, nel 1947, il Regno Unito si ritirò dall’India, il territorio venne diviso lungo linee religiose: l’India, a maggioranza indù, e il Pakistan, pensato come stato per i musulmani. Il Kashmir, popolato in maggioranza da musulmani ma governato da un sovrano indù, divenne subito un nodo irrisolto.

Nel caos della Partizione, truppe pakistane entrarono nel Kashmir, costringendo il sovrano locale a chiedere l’annessione all’India. Da lì nacque la prima guerra tra i due neonati stati. Si concluse nel 1949 con una linea di controllo provvisoria che ancora oggi divide il Kashmir in due: una parte amministrata dall’India, l’altra dal Pakistan. Entrambi i paesi rivendicano l’intero territorio.

Kashmir: il cuore del conflitto

Il Kashmir non è solo una questione di confine. È diventato il simbolo stesso della rivalità tra India e Pakistan. Negli anni, il conflitto si è cristallizzato in un equilibrio precario, spesso interrotto da attacchi terroristici, bombardamenti, guerre vere e proprie (cinque quelle principali) e crisi diplomatiche. Le più recenti escalation risalgono al 2016, al 2019 e al 2021, tutte con dinamiche simili: attentati o scontri armati, seguiti da attacchi mirati o raid dimostrativi.

L’ultima crisi è scaturita da un attentato rivendicato inizialmente da un profilo social legato al Fronte della Resistenza, ma poi disconosciuto dal gruppo stesso, che ha parlato di un’operazione di disinformazione. Nonostante le smentite, l’India lo ha accusato formalmente, sostenendo che il gruppo sia sostenuto dal Pakistan. Da Islamabad, però, è arrivata una smentita secca, accompagnata dalla richiesta all’India di fornire prove concrete: per ora non ne sono state diffuse.

Crisi tra India e Pakistan

La retorica dei governi e il ruolo dei media

Il governo indiano ha battezzato l’attacco aereo “Operazione Sindoor”, dal nome di un pigmento rosso usato simbolicamente dalle donne induiste. Una scelta comunicativa forte, che ha unito la narrazione bellica a quella religiosa. I media indiani hanno sposato in gran parte la linea del governo, descrivendo l’operazione come un successo militare contro il terrorismo. Quotidiani come India Today e Hindustan Times parlano di “colpi chirurgici” e “giustizia per le vittime”.

Dall’altra parte del confine, i media pakistani denunciano l’aggressione e parlano di raid codardi. Alcuni, come Daily Jang, hanno persino annunciato l’abbattimento di cinque jet indiani – notizia non confermata da fonti indipendenti. Dawn, il quotidiano in lingua inglese più autorevole del paese, ha adottato un tono più sobrio, riportando le reazioni ufficiali.

Crisi tra India e Pakistan
Debris of an aircraft lie in the compound of a mosque at Pampore in Pulwama district of Indian controlled Kashmir, Wednesday, May 7, 2025. (AP Photo/Dar Yasin)

Modi, Sharif e il contesto politico

Il contesto politico interno nei due paesi è fondamentale per leggere la crisi. In India, il primo ministro Narendra Modi è al suo terzo mandato con il Bharatiya Janata Party (BJP), partito nazionalista indù. Il suo governo ha rafforzato l’identità religiosa dell’India e ridotto progressivamente l’autonomia del Kashmir indiano, revocata formalmente nel 2019. La linea dura contro il Pakistan è parte integrante della sua retorica politica.

In Pakistan, dal marzo 2024 governa Shehbaz Sharif, alla guida di una coalizione tra PML-N e PPP. La vera novità è l’esclusione forzata del partito dell’ex premier Imran Khan, il PTI, le cui liste sono state bloccate e il cui leader è in carcere. L’instabilità politica e la crisi economica rendono Islamabad più debole sul piano internazionale, ma più incline a usare la retorica nazionalista in politica interna.

Il fattore nucleare

La crisi tra India e Pakistan è resa ancora più pericolosa dal fatto che entrambi i paesi possiedono armi nucleari. Si stima che ognuno abbia circa 170 testate. Questo deterrente reciproco ha finora evitato conflitti su larga scala, ma rende ogni escalation un gioco rischioso.

Le forze armate indiane sono più numerose, meglio equipaggiate e più tecnologicamente avanzate. Tuttavia, il Pakistan dispone di una struttura militare altamente efficiente e concentrata sul fronte indiano. Storicamente, l’esercito pakistano ha sempre avuto un ruolo politico e decisionale rilevante, anche nei momenti di apparente governo civile.

Cina, Stati Uniti e il quadro internazionale

Nel contesto globale, l’India è vista come un alleato strategico dagli Stati Uniti, soprattutto in funzione anticinese. Tuttavia, la relazione è a volte tesa, anche per via del crescente autoritarismo interno. Il Pakistan, invece, è storicamente legato agli USA per la lotta al terrorismo, ma negli ultimi anni si è avvicinato sempre di più alla Cina, che investe pesantemente nelle infrastrutture pakistane.

Pechino mantiene una posizione ambigua: pur avendo dispute territoriali con l’India, ha interesse a evitare un’escalation. Entrambi i paesi hanno condannato formalmente l’attacco indiano, ma senza schierarsi apertamente.

Cosa succede ora?

Al momento, nonostante la retorica bellica, non sembra che i due paesi vogliano una guerra su larga scala. L’India ha parlato di operazione “responsabile e misurata”, mentre il Pakistan, pur promettendo vendetta, appare concentrato più sulla gestione delle tensioni interne che su un confronto militare diretto.

Il rischio maggiore resta l’imprevedibilità: gruppi armati, provocazioni locali, incidenti di frontiera o errori di calcolo potrebbero riaccendere il conflitto in qualsiasi momento. Finché non verrà affrontata la questione del Kashmir in modo strutturato e multilaterale, la crisi tra India e Pakistan resterà una minaccia costante alla stabilità della regione.

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Riminese, classe 1997. Direttrice editoriale di LaLettera22, un portale di informazione nato con l’obiettivo di raccontare la complessità del mondo attraverso l’approfondimento e la divulgazione di varie tematiche culturali.

Dopo la laurea in Lettere e culture letterarie europee presso l’Università di Bologna, ha proseguito il suo percorso accademico specializzandosi in Giornalismo e cultura editoriale all’Università di Parma. Da sempre appassionata di storia, geopolitica e comunicazione, ha trasformato il suo interesse in una missione divulgativa, lanciando il progetto Lettera22 sui social per rendere la cultura più accessibile e stimolare il dibattito su temi di attualità.

Oltre a dirigere il portale, lavora come articolista e social media manager, curando strategie editoriali e contenuti per il web. Il suo lavoro unisce analisi critica, narrazione e innovazione digitale, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico a temi spesso percepiti come distanti, rendendoli fruibili e coinvolgenti.

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