Oggi: 3 Luglio 2025
2 Maggio 2025
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Crisi umanitaria a Gaza: due mesi senza cibo né medicine, il peggior blocco della storia della Striscia

crisi umanitaria a gaza

La crisi umanitaria a Gaza ha raggiunto un livello drammatico. Dal 2 marzo 2025, Israele ha imposto un blocco totale all’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia, interrompendo completamente il flusso di cibo, medicinali e beni essenziali. I circa due milioni di palestinesi che vivono nell’area sono di fatto sotto assedio, con condizioni di vita che si aggravano giorno dopo giorno a causa della mancanza di risorse e dei continui bombardamenti.

Il blocco degli aiuti: una strategia di pressione che viola il diritto internazionale

Secondo il governo israeliano, il blocco ha l’obiettivo di fare pressione su Hamas per ottenere la liberazione degli ostaggi ancora trattenuti. Tuttavia, questa misura sta avendo un impatto devastante sulla popolazione civile e costituisce una chiara violazione delle convenzioni internazionali che vietano l’uso della fame come arma di guerra.

Durante il cessate il fuoco, iniziato il 19 gennaio e interrotto tra il 17 e il 18 marzo, venivano autorizzati circa 500 camion di aiuti al giorno. Dopo la ripresa delle ostilità, l’ingresso di ogni forma di assistenza è stato completamente bloccato, dando inizio al più lungo periodo di chiusura totale mai registrato a Gaza.

Crisi alimentare estrema: prezzi alle stelle e scorte finite

La crisi umanitaria a Gaza ha provocato il collasso dell’approvvigionamento alimentare. Il Programma alimentare mondiale (WFP) ha annunciato nei giorni scorsi di aver terminato tutte le sue riserve di cibo, da cui dipendevano almeno 400mila persone. Anche l’UNRWA, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi, ha terminato le scorte di farina già dal 16 aprile.

Fuori dalla Striscia, oltre 3.000 camion – equivalenti a circa 116mila tonnellate di aiuti – sono fermi in attesa di poter entrare. Queste forniture basterebbero a nutrire un milione di persone per più di quattro mesi, ma sono bloccate dall’embargo.

I prezzi dei pochi alimenti disponibili sono aumentati tra il 150% e il 700% rispetto all’inizio della guerra. Un sacco di farina, per esempio, può costare fino a 150 euro. La popolazione si nutre principalmente di alimenti a lunga conservazione come zuppe in polvere, riso e legumi in scatola, ma anche questi sono sempre più rari.

Cucine comunitarie al collasso: pasti ridotti e rischio chiusura

A Gaza sono attive 47 cucine comunitarie gestite dalle Nazioni Unite, che offrono pasti semplici a base di riso, pasta o lenticchie. Nelle ultime settimane, però, le porzioni sono state drasticamente ridotte e si stima che, senza nuove forniture, le cucine saranno costrette a chiudere entro quindici giorni. I forni, rimasti senza farina e gas, hanno già cessato l’attività dal 31 marzo.

Oltre alle cucine ufficiali, esiste una rete di circa cento cucine autogestite, le taqiya, finanziate da donazioni internazionali. Anche queste sono al limite delle risorse. I bambini vengono spesso mandati a mettersi in coda fin dal mattino per cercare di portare a casa l’unico pasto della giornata.

Sanità al limite: mancano medicinali e strumenti salvavita

Un altro fronte critico nella crisi umanitaria a Gaza è quello sanitario. Secondo i dati più recenti, un terzo dei medicinali e delle attrezzature mediche è ormai esaurito, e le scorte rimanenti potrebbero bastare solo per altre otto settimane. Inoltre, molti ospedali sono stati colpiti dai bombardamenti, rendendo ancora più difficile offrire assistenza.

Nel mese di marzo sono stati segnalati oltre 3.700 casi di malnutrizione infantile, un aumento dell’80% rispetto a febbraio. Tuttavia, si tratta solo della punta dell’iceberg: la maggior parte della popolazione non ha accesso a cure mediche regolari.

Distruzione, sfollamenti e un futuro sempre più incerto

La portata della distruzione nella Striscia è senza precedenti. Le operazioni militari hanno colpito anche mezzi pesanti e bulldozer – alcuni dei quali erano stati donati durante il cessate il fuoco – utilizzati per rimuovere macerie, liberare strade e cercare sopravvissuti.

Dalla fine della tregua, circa 420mila persone sono state costrette a sfollare nuovamente. L’esercito israeliano ha preso il controllo di circa il 69% del territorio della Striscia, emettendo ordini di evacuazione che stanno costringendo intere famiglie a spostarsi continuamente in cerca di rifugio.

Un bilancio tragico: oltre 52mila vittime

Il numero dei morti cresce giorno dopo giorno. Finora, si stima che siano stati uccisi più di 52mila palestinesi. Tra questi, oltre 15mila sono bambini, 8mila sono donne e quasi 4mila sono anziani. Il direttore generale del Comitato internazionale della Croce Rossa, Pierre Krähenbühl, ha definito la situazione un «nuovo inferno» che «ci perseguiterà per decenni».

Una crisi senza precedenti

La crisi umanitaria a Gaza è oggi una delle emergenze più gravi al mondo. L’assedio, la distruzione delle infrastrutture, la fame e la mancanza di cure stanno provocando sofferenze indicibili. Le agenzie umanitarie e le organizzazioni internazionali continuano a chiedere l’apertura dei valichi e la fine del blocco per evitare una catastrofe ancora più ampia.

In un territorio dove la popolazione dipende quasi totalmente dall’aiuto esterno, ogni giorno che passa senza interventi concreti si traduce in nuove vittime e ulteriori strazi per una comunità già allo stremo.

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Riminese, classe 1997. Direttrice editoriale di LaLettera22, un portale di informazione nato con l’obiettivo di raccontare la complessità del mondo attraverso l’approfondimento e la divulgazione di varie tematiche culturali.

Dopo la laurea in Lettere e culture letterarie europee presso l’Università di Bologna, ha proseguito il suo percorso accademico specializzandosi in Giornalismo e cultura editoriale all’Università di Parma. Da sempre appassionata di storia, geopolitica e comunicazione, ha trasformato il suo interesse in una missione divulgativa, lanciando il progetto Lettera22 sui social per rendere la cultura più accessibile e stimolare il dibattito su temi di attualità.

Oltre a dirigere il portale, lavora come articolista e social media manager, curando strategie editoriali e contenuti per il web. Il suo lavoro unisce analisi critica, narrazione e innovazione digitale, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico a temi spesso percepiti come distanti, rendendoli fruibili e coinvolgenti.

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