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13 Maggio 2025
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Donne e desiderio: liberare l’erotismo dal patriarcato

donne erotismo

In tutte le famiglie il pene del bambino è una specie di figlio nel figlio, a cui si allude con compiacimento e senza inibizioni. Il sesso della bambina viene ignorato: non ha nome, né vezzeggiativo, né carattere, né letteratura. Si approfitta della sua segretezza fisiologica per tacerne l’esistenza: il rapporto tra maschio e femmina non è dunque un rapporto tra due sessi, ma tra un sesso e la sua privazione.”

Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel e altri scritti (1981)

Questo afferma Carla Lonzi nella sua raccolta di scritti femministi, redatti a cavallo degli anni ‘70, quando l’Italia e il mondo intero erano scossi dalla rinata forza dei movimenti femministi che chiedevano lo sdoganamento di quella sfera sessuale rimasta solo un tabù per fin troppo tempo.

Ancora oggi queste parole risultano più vere che mai: in un’epoca di continuo cambiamento, sembra che vi siano certi aspetti della vita sociale destinati a rimanere invariati perché sorretti da ideali considerati intoccabili da molti. Tra questi aspetti, è rimasta incastrata la sessualità femminile, oscurata da un velo di perbenismo insensato che tuttora non ci permette di affrontare l’argomento con serenità, ma con una timidezza quasi bambinesca perché argomento proibito.

Tuttavia, è giunto il momento di parlarne a gran voce, e infrangere quelle norme che ancora oggi, in una società avanzata come la nostra, ci attanagliano e ci vogliono mute.

Una sessualità controllata: il fenomeno storico del patriarcato sul corpo della donna

Anzitutto, che cosa si intende per patriarcato? Nella società contemporanea, con il termine “patriarcato” si va ad evidenziare il sistema sociale in cui il potere è detenuto prevalentemente dagli uomini e che favorisce la subordinazione della donna. In questo contesto, la sessualità femminile viene vincolata ad una sfera prettamente riproduttiva e coniugale, estraniandola quindi dalla vera parte sessuale e di piacere.

Il sesso femminile si fa strumento di utilizzo nella società che, come affermato dalla storica femminista Gerda Lerner (1920-2013), “sempre stato sotto il controllo di altre persone nella storia.”, soprattutto in un ordine sociale fondato sulla dominanza maschile.

Non si può parlare di un fenomeno esclusivamente recente. Fin dai tempi più antichi si hanno forme estreme di controllo patriarcale della sessualità femminile: si hanno esempi nelle società antiche in cui la donna era vista come proprietà dell’uomo (prima del padre e poi del marito), soggiogando la sua sessualità al ruolo di risorsa familiare. La donna diviene così merce di scambio per cementare i rapporti tra gruppi di potere maschili, come affermato dall’antropologo Claude Lévi-Strauss.

In questo senso possiamo analizzare come non sia la donna in quanto essere umano a divenire l’oggetto dello scambio, ma la sua sessualità e capacità riproduttiva. A causa di ciò, la verginità femminile diventa essenziale, e il mantenimento di essa fino al matrimonio diventa scopo della famiglia con figlie femmine perché da ciò dipenderà l’onore di tutta la famiglia.

Non a caso, con l’avanzare della religione cristiana in Occidente, la necessità di conservazione della verginità femminile si acuì ancora di più.

Nel Medioevo, la donna che professava la propria libertà sessuale e indipendenza dalle figure maschili poteva essere associata al peccato e alla tentazione. Basti pensare alla fondazione del mito dell’uomo e alla figura di Eva che spicca come colpevole di aver macchiato l’umanità del peccato originale, o alla figura della “strega” medievale, spesso considerate tali perché libere sessualmente e per questo perseguitate.

Ugualmente, in epoca Vittoriana (XIX secolo), si diffuse l’idea che la “donna perbene” dovesse attenersi a degli standard di modestia e privazione di interessi carnali. Con questa visione, si andò a creare il netto contrasto tra la donna sociale e la donna “rovinata”, ovvero le donne associate al mondo della prostituzione e del desiderio erotico. Questa chiara dicotomia Madonna/prostituta serviva come monito e come limite per il desiderio femminile.

Qual è la ragione di fondo a questa divergenza dell’immagine della donna nell’Ottocento? Era creduto dalla medicina e dalla scienza dell’epoca che la donna fosse incapace di provare piacere durante l’atto sessuale; piacere che solo l’uomo aveva il diritto di provare. L’erotismo femminile venne perciò completamente patologizzato nel fenomeno dell’isteria, in cui ricaddero tutte le donne considerate sessualmente “irrequiete” o docili.

Dunque, la sessualità femminile doveva per forza manifestarsi solo entro i limiti approvati dagli uomini.

In anni più recenti, l’erotismo femminile ha assunto una posizione più indipendente rispetto al patriarcato, ma ne rimane tuttavia ancora influenzata, specialmente nella sua rappresentazione. A partire dagli anni ‘60 del secolo scorso, in Italia, sono state introdotte fondamentali riforme che comprendevano l’abolizione del reato di adulterio e del delitto d’onore, che fino a quel momento rappresentavano l’apice della palese disparità di trattamento fra donne e uomini.

Ma nonostante questi progressi, ancora oggi l’erotismo femminile risente di retaggi patriarcali e di nuovi meccanismi di controllo più sottili.

La nuova rappresentazione dell’erotismo femminile

Al giorno d’oggi, grazie all’avvento dei nuovi media visivi quali cinema, social media, e siti di pornografia, l’erotismo femminile risulta estremamente presente, ma ancora messo in scena attraverso uno sguardo patriarcale che ne va a distorcere il significato.

Alle nuove generazioni sarà ormai noto il termine “Male gaze” (sguardo maschile): introdotto negli anni ‘70 dalla teorica femminista Laura Mulvey, lo sguardo maschile serve a descrivere l’abitudine (media o arti visive) di inquadrare e rappresentare la donna attraverso gli occhi di un osservatore eterossessuale maschile.

Questo a che cosa porta? Ad una oggettificazione della donna come oggetto sessuale destinato a soddisfare lo spettatore maschile. Il nudo femminile, ad esempio, non assume più l’identità di una visione artistica, ma diventa il tramite per lo sguardo oggettificante dell’uomo.

Gli uomini agiscono, le donne appaiono. Gli uomini guardano le donne. Le donne guardano se stesse mentre sono guardate… L’osservatore della donna è maschile; l’osservata è femminile. Così lei si trasforma in oggetto, più specificatamente in oggetto di visione.

John Berger (1972)

Il fenomeno del “Sex sells”

Il corpo femminile non è mai visto come corpo di un essere umano, ma come strumento di attrazione. Con il motto “sex sells” (il sesso vende), i corpi femminili, seminudi e in pose ammiccanti, vengono strumentalizzati per pubblicizzare di tutti – anche quando non risulta esserci nessuna logica tra il prodotto e la sensualità mostrata.

Dunque, la donna viene valutata unicamente per la sua funzione o apparenza sessuale, mettendo in risalto le parti generalmente eroticizzate (gambe, glute, e seno), estromettendo la persona dal suo stesso corpo.

In Italia, sfortunatamente, la pubblicità sessista ha avuto un grande successo e tuttora il nostro Paese viene citato come uno di quelli in cui questo fenomeno rimane il più accentuato: “le donne vengono spesso rappresentate come sessualmente disponibili” nei messaggi pubblicitarie, rivela un’analisi di NEPSI. Ancora, in uno studio citato, si rileva che già dal 2006 oltre la metà delle donne nelle pubblicità italiane rimanevano comparse mute e quasi la metà era rappresentata in relazioni a temi di sesso, moda o bellezza, mentre solo una minoranza (2%) apparica in ruoli provessionali o sociali attivi.

E le nuove generazioni?

Con l’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione oltre che ad un utilizzo pubblicitario, l’erotismo femminile viene messo in risalto dai social media e dalla nuova pornografia.

Nuovi studi sono stati portati avanti riguardo il condizionamento dei comportamenti maschili nei confronti delle donne a causa dei nuovi media digitali, e i risultati non ci stupiscono affatto: secondo i ricercatori dell’Università del Nebraska, una prima esposizione al materiale pornografico nei ragazzi avviene all’età di 13 anni, con l’87% dei giovani adulti che ne usufruiscono.

E per quanto sia normale e consigliata l’esplorazione della propria sessualità, la pornografia risulta tra le prime cause di manipolazione maschile dell’erotismo femminile. Come affermato dalla studiosa femminista Catharine A. MacKinnon, un genere diffuso di pornografia risulta essere una rappresentazione violenta del desiderio maschile sul sesso opposto: si ha dunque una promozione della rappresentazione di un rapporto sessuale di subordinazione tra uomo e donna, in cui la donna risulta esser completa nella sua intimità solamente se considerata come fihura passiva che subisce nell’atto sessuale.

La figura femminile è dunque privata del potere sulla propria sessualità; ridotta a un mero oggetto sessuale.

La diffusione di questo tipo di contenuti non solo mette a repentaglio la legittimazione della sessualità femminile, ma si normalizzano atteggiamenti violenti che andranno a creare un effetto sistematico nel modo in cui gli uomini si rapportano con le donne.

Questi contenuti fanno sì che gli uomini si sentano il diritto di stabilire, ancora una volta, il limite della nostra sessualità e della nostra capacità di espressione del nostro corpo, opprimendo i nostri sentimenti per un piacere unico loro.

Cosa può fare la donna per liberarsi dallo stigma della propria sessualità?

C’è bisogno di raggiungere un equilibrio, che tuttora rimane delicato. Sono due gli scogli tra cui bisogna che la donna navighi: evitare che la libertà sessuale conquistata diventi solo il mezzo per la creazione di una sessualità femminile basata sul modello consumistico (iper-sexy) e il respingere i tentativi di una nuova restrizione moralistica che vorrebbe le donne di nuovo silenziose e placide davanti al desiderio.

Ognuna di noi ha l’obbligo morale e sociale di stabilire il proprio, soggettivo, rapporto con l’erotismo – che esso significhi esprimerlo liberamente o nella totale riservatezza – senza essere giudicate.

Si ha, ancora oggi, il bisogno di un ritorno del nostro erotismo nelle nostre stesse mani, privato di quell’apporto maschile che ha oppresso la donna per secoli e che, anche al giorno nostro, impone canoni e sessualizzazione non consoni alle nostre aspettative personali.

Il sesso è il nostro.
I seni, i glutei, le gambe sono le nostre.
E la nostra sessualità rimane un nostro diritto inviolabile.

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Pavese, classe 2005. Ha intrapreso un percorso di studi in Psicologia, che ha abbandonato per iscriversi a Lettere Moderne presso l’Università di Torino, legandosi al mondo del giornalismo e della divulgazione.
Nel giugno 2024 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie con la casa editrice Dantebus, in seguito alla vittoria di un concorso nazionale.
Appassionata di storia, politica e cultura, coltiva un interesse costante per l’evoluzione del pensiero e il ruolo della parola nel dibattito pubblico, promuovendo il bisogno per la società della scrittura e lettura come mezzo di conoscenza più profondo.

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