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29 Aprile 2025
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Morire di silenzio: l’esperimento di Federico II e la fame di contatto

esperimento federico ii

Nel XIII secolo, l’imperatore Federico II di Svevia si pose una domanda radicale: quale è la lingua originaria dell’umanità? Una curiosità che, secondo il cronista francescano Salimbene de Adam, lo spinse a un esperimento estremo e crudele. Federico avrebbe ordinato di isolare quattordici neonati, privandoli di ogni comunicazione verbale e affettiva.

Le balie incaricate di nutrirli dovevano evitare qualsiasi forma di contatto oltre l’allattamento. Nessuna parola, nessuna carezza. I bambini, racconta Salimbene, morirono tutti senza aver mai pronunciato un solo suono.

La terribile domanda di Federico II

La storia è agghiacciante, ma è anche oggetto di dubbi. Salimbene era un oppositore di Federico II, esponente di un ordine – i francescani – fortemente schierato con il papato, in aperta ostilità contro l’imperatore. Federico, a sua volta, aveva accumulato tre scomuniche ed era stato etichettato come “Anticristo” da Papa Gregorio IX. Gli storici moderni, come David Abulafia, sottolineano come molte cronache medievali su Federico siano intrise di propaganda politica.

Federico II, noto come “stupor mundi“, era tuttavia un sovrano illuminato per i suoi tempi. Parlava fluentemente latino, greco, arabo ed ebraico. Aveva fondato l’Università di Napoli e aveva promosso la convivenza tra musulmani e cristiani nel suo regno. La sua curiosità scientifica era reale: aveva tentato esperimenti sulla digestione, sul volo degli uccelli, sulla fisiologia umana. In questo contesto, l’idea di un esperimento sul linguaggio non appare del tutto inverosimile, sebbene le modalità estreme raccontate rimangano molto dubbie.

Anche se l’esperimento non fosse mai avvenuto, la questione che solleva rimane drammaticamente reale: è possibile per un essere umano crescere senza contatto affettivo?

René Spitz e l’orfanotrofio del silenzio

Nel XX secolo, la scienza ha cercato risposte, spesso con metodi inquietanti. Nel 1945, lo psicoanalista viennese René Spitz pubblicò uno studio rivoluzionario sugli effetti della deprivazione emotiva nei bambini. Spitz osservò 91 neonati in un orfanotrofio americano. I piccoli ricevevano cure materiali – nutrimento e igiene – ma pochissimo contatto affettivo a causa della scarsità di personale.

Dopo pochi mesi, Spitz notò sintomi devastanti: apatia, inespressività, ritardo nello sviluppo motorio e nel linguaggio. I bambini entravano in uno stato letargico irreversibile. Entro il secondo anno, il 37% era morto, nonostante fossero fisicamente nutriti.

Spitz parlò di “marasma emozionale“: una forma di deterioramento psicofisico provocato dalla fame di affetto. La sopravvivenza biologica non bastava. Senza contatto umano, la vita si spegneva lentamente.

rene spitz esperimento

Harry Harlow e l’illusione del nutrimento

Negli anni Cinquanta, lo psicologo americano Harry Harlow portò oltre queste scoperte, conducendo esperimenti controversi su cuccioli di macaco rhesus. I piccoli venivano separati dalla madre biologica e affidati a due “madri surrogate”: una di filo metallico che forniva latte e una di stoffa morbida che offriva solo calore.

I risultati furono chiari: i cuccioli trascorrevano la maggior parte del tempo aggrappati alla madre di stoffa, cercando conforto fisico, non nutrizione. Nei casi di isolamento totale, i macachi sviluppavano gravi disturbi psicologici: depressione, autolesionismo, incapacita di interagire socialmente.

Harlow concluse che il bisogno di attaccamento è primario quanto il cibo. Senza una figura affettiva, lo sviluppo è compromesso in modo irreversibile. Fu lui stesso ad affermare che molti esperimenti, pur portatori di verità scientifiche, non meritavano di essere condotti per l’estremo prezzo etico pagato.

esperimento harry harlow

Federico II, Spitz, Harlow: un filo rosso lungo secoli

Federico II cercava la lingua naturale dell’uomo. Ma i suoi presunti esperimenti, così come quelli documentati nel Novecento, dimostrano che prima ancora del linguaggio verbale, esiste un linguaggio corporeo fatto di abbracci, sorrisi, carezze.

Il contatto umano è la prima grammatica che apprendiamo. Senza questa base, il linguaggio non si sviluppa, la mente non fiorisce, il corpo si ammala.

Studi successivi, come il “Bucharest Early Intervention Project” (2007), hanno confermato che i bambini cresciuti in istituti senza cure affettive adeguate mostrano ritardi cognitivi, difficoltà relazionali e danni cerebrali misurabili. L’assenza di relazioni significative nei primi anni di vita comporta danni irreversibili a livello neuronale.

Il bisogno di connessione è inscritto nella nostra biologia più profonda. I neonati che non vengono toccati muoiono, gli adulti che vivono isolati si ammalano. L’amore è un nutriente tanto essenziale quanto il cibo o l’acqua.

Etica e scienza: una frontiera delicata

Gli esperimenti di Spitz e Harlow, pur fondamentali per comprendere i meccanismi dell’attaccamento, aprono una dolorosa riflessione sull’etica della ricerca. Fin dove è lecito spingersi per scoprire la verità? A quale prezzo?

Harlow stesso, nella parte finale della sua carriera, riconobbe il peso morale delle sue scelte scientifiche. E ancora oggi, gli studi sugli esseri vulnerabili pongono dilemmi irrisolti nella comunità scientifica.

Federico II cercava l’idioma primigenio dell’umanità. Quello che forse non comprese – o che la sua epoca non gli permise di vedere – è che la prima lingua non è fatta di parole. È fatta di presenza, di vicinanza, di calore umano.

La storia, la scienza e l’osservazione quotidiana convergono su una verità semplice e implacabile: senza amore, l’uomo non sopravvive.

 

Fonti principali:

  • Salimbene de Adam, Cronica (XIII secolo)
  • David Abulafia, Frederick II: A Medieval Emperor (1988)
  • René Spitz, Hospitalism: An Inquiry into the Genesis of Psychiatric Conditions in Early Childhood (1945)
  • Harry Harlow, The Nature of Love (1958)
  • Nelson et al., Cognitive Recovery in Socially Deprived Young Children: The Bucharest Early Intervention Project(2007).

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Riminese, classe 1997. Direttrice editoriale di LaLettera22, un portale di informazione nato con l’obiettivo di raccontare la complessità del mondo attraverso l’approfondimento e la divulgazione di varie tematiche culturali.

Dopo la laurea in Lettere e culture letterarie europee presso l’Università di Bologna, ha proseguito il suo percorso accademico specializzandosi in Giornalismo e cultura editoriale all’Università di Parma. Da sempre appassionata di storia, geopolitica e comunicazione, ha trasformato il suo interesse in una missione divulgativa, lanciando il progetto Lettera22 sui social per rendere la cultura più accessibile e stimolare il dibattito su temi di attualità.

Oltre a dirigere il portale, lavora come articolista e social media manager, curando strategie editoriali e contenuti per il web. Il suo lavoro unisce analisi critica, narrazione e innovazione digitale, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico a temi spesso percepiti come distanti, rendendoli fruibili e coinvolgenti.

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