Il 1° aprile ha segnato una svolta significativa per la Germania e per l’intera architettura della sicurezza europea. Per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, Berlino ha dispiegato a lungo termine una propria unità militare fuori dai confini nazionali, schierando ufficialmente la 45ª Brigata corazzata nei pressi di Vilnius, in Lituania.
Il generale Christoph Huber, a capo dell’unità, ha descritto l’iniziativa come più di una semplice presenza simbolica: è la dimostrazione concreta dell’impegno tedesco nella difesa del fianco orientale della NATO, una scelta che riflette la nuova dottrina strategica di Berlino nell’era post-invasione ucraina.
Lituania: punto nevralgico tra NATO e Russia
La brigata tedesca avrà un organico complessivo di circa 5.000 persone, tra militari e personale civile. Non solo combattenti: il contingente includerà anche strutture di supporto fondamentali come un centro medico, una compagnia dedicata alle comunicazioni e squadre logistiche per il comando. La piena operatività è prevista entro il 2027, ma già oggi il comando è attivo e le truppe operano da basi temporanee fornite da Vilnius, in attesa del completamento dell’infrastruttura principale a Rudniokai, a circa 30 chilometri dalla capitale.
La scelta della Lituania non è casuale: il Paese baltico è geograficamente situato in una zona critica, al confine con la Bielorussia – saldamente nel campo russo – e con l’enclave di Kaliningrad, una delle aree più militarizzate della Federazione Russa. La regione rappresenta uno dei possibili epicentri di un eventuale confronto diretto tra la NATO e Mosca.
Secondo indiscrezioni riportate dal quotidiano tedesco Bild, sia l’intelligence federale tedesca (BND) che gli alti comandi militari valutano come concreta la possibilità che la Russia si stia preparando a uno scontro su larga scala con l’Alleanza atlantica. Le manovre della Germania, in questo contesto, appaiono quindi come un’azione di deterrenza ma anche di pre-posizionamento strategico.
Berlino e la nuova era del riarmo
Dal 2022 in poi, la Germania ha intrapreso un percorso di riarmo senza precedenti nella sua storia recente. Dopo aver annunciato il superamento della soglia simbolica del 2% del PIL destinata alla difesa – uno dei parametri chiave dell’Alleanza – Berlino ha anche deciso di espandere il proprio esercito: l’obiettivo è passare da un target di 203.000 effettivi a 230.000, anche se le forze attuali si attestano ancora sotto le 180.000 unità, complice una crisi di reclutamento che non sembra facile da risolvere.
Nel dicembre 2023, Germania e Lituania avevano già firmato una roadmap congiunta per garantire la permanenza a lungo termine di truppe tedesche nel Baltico. E non si tratta di un’eccezione: la Germania ha annunciato l’intenzione di rafforzare in modo significativo il proprio contributo all’Alleanza, che oggi rappresenta circa il 10% delle capacità NATO.
Secondo le proiezioni dell’organizzazione atlantica, per scoraggiare una potenziale avanzata russa sarebbero necessarie tra le 35 e le 50 nuove brigate, ovvero un numero complessivo di truppe variabile tra i 105.000 e i 350.000 soldati. Berlino, in questo scenario, potrebbe essere chiamata a fornire tra le tre e le cinque brigate aggiuntive, equivalenti a 20.000-30.000 militari pronti al combattimento.
Verso una difesa europea più autonoma?
La retorica tedesca non lascia spazio a dubbi: la difesa europea non può dipendere esclusivamente dagli Stati Uniti. Lo stesso Friedrich Merz, leader della CDU, ha recentemente proposto una revisione dei vincoli di bilancio nazionali per la difesa – attualmente limitati all’1% – auspicando la creazione di un fondo straordinario da 500 miliardi di euro, destinato a potenziare infrastrutture critiche e capacità belliche autonome.
Quello che Berlino sta facendo oggi in Lituania potrebbe rivelarsi il primo tassello di un più ampio progetto di autonomia strategica europea. Ma la domanda che resta sul tavolo è: l’Europa sarà in grado di proteggere se stessa, senza attendere sempre il passo dell’ombrello americano?
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