Quando si pensa a Dracula di Bram Stoker, Lucy Westenra non è di certo il primo personaggio che viene in mente. Prima di lei ci sono, oltre al Conte, Jonathan, Mina e ovviamente Van Helsing: la povera ragazza, oltre a subire un destino terribile e ingiusto, rimane anche un personaggio piuttosto marginale e senza un particolare fascino.
Kiersten White, che per sua stessa ammissione non è rimasta soddisfatta dal racconto di Stoker e appunto dalla figura di Lucy, ha deciso di dare nuova vita all’amica di Mina, inventarsi un nuovo esito per la sua storia e renderla paladina del femminismo.
Buona l’idea, non molto l’esecuzione.
Lucy Undying è un romanzo dichiaratamente queer raccontato da tre diversi punti di vista, tre donne che fanno saltare il lettore dal presente al passato per svelare la vera storia di Lucy prima e dopo la sua trasformazione in vampira.
La ragazza, da personaggio secondario e vittima, diventa nel romanzo di White un’eroina e simbolo della lotta contro il controllo di uomini senza scrupoli.
Comincerò dall’inizio. Come tutti gli inizi, anche il mio è stato un bagno di tenebra e sangue. E così sarà la fine, ma ci arriveremo, non temere. Mi chiamo Lucy Westenra, e questa è la mia storia.
L’obiettivo palese dell’autrice è di confezionare un romanzo femminista in cui le protagoniste sono donne forti e decise a conquistare il proprio posto nel mondo con le unghie e con i denti (letteralmente).
Il problema è che il romanzo non solo non ha la forza che White crede di avergli infuso, ma ottiene l’effetto contrario: le protagoniste non hanno carattere, ricadono nei peggiori cliché e si esprimono in modi che stridono con il simbolo che dovrebbero incarnare, trasmettendo fastidio e imbarazzo più che volontà di emanciparsi.
Non è credibile che le vampire – mostri che, pur avendo qui una certa morale, sono pronti a uccidere nei modi più rivoltanti – usino espressioni come “broccolina” o “cuccioletta” neanche fossero in uno dei romance più stucchevoli mai scritti. La cosa peggiore è che queste e molte altre affermazioni imbarazzanti vengono inserite nei momenti più centrali, dove la suspense dovrebbe fare da padrona, e invece viene distrutta da battutine fastidiose o termini che nessuno si sognerebbe di usare.
Lucy Undying: la figura di Dracula
Il sottotitolo del libro (A caccia di Dracula) parla chiaro: nel romanzo non può mancare la figura del temibile Conte. In questo caso Dracula veste i panni dell’inseguito: Lucy è ossessionata dalla ricerca del suo creatore (almeno inizialmente), vuole un confronto con lui per capire i motivi dietro la sua esistenza.
“Perché io?” si chiede la vampira, arrovellandosi sulle ragioni del suo artefice. Lucy crede, erroneamente, che solo trovando una risposta alla sua domanda potrà finalmente vivere la sua eterna esistenza in pace. Ecco allora che è Dracula a diventare un nome nella storia di Lucy, e non più il contrario com’è stato finora.
Dapprima descritto come la solita figura minacciosa, senza scrupoli, assetata di sangue e di dominio, Dracula viene progressivamente ridotto quasi a una macchietta, diventando solo un vago ricordo dell’autorità e del terrore che trasudano dalle sue rappresentazioni storiche.
Qualcuno potrebbe storcere il naso di fronte a ciò, ma credo che una rivisitazione della storia sia lecita, in fondo. Il problema in questo caso è che il resto non è stato all’altezza delle premesse, e quindi anche questa nuova visione di Dracula non è credibile.
Il confronto finale con il re dei vampiri non è soddisfacente. Di fronte a un essere mostruoso che dovrebbe incutere tanto terrore da portare alla pazzia, le protagoniste se ne escono con battute fuori luogo che hanno l’intento di innalzarle a eroine spavalde, quasi beffarde; una reazione che non si addice a ciò che dovrebbero rappresentare.
Un’occasione sprecata
Lucy Undying ha di buono che si fa leggere senza sforzo: la trama, almeno nelle intenzioni iniziali, è interessante e spinge il lettore a proseguire. I capitoli brevi facilitano notevolmente la lettura, insieme allo stile coinvolgente e fluido. Purtroppo però la forma, pur essendo importante, non è tutto.
White ha rimaneggiato la storia di Lucy Westenra in maniera intrigante e Lucy Undying sarebbe stato un buon romanzo, se solo l’autrice non fosse scivolata su frasi che dovrebbero essere a effetto, ma sono solo imbarazzanti e poco credibili.
Inoltre, si coglie poco dell’intimità dei personaggi: le loro emozioni e le motivazioni che li spingono ad agire vengono trattate in modo superficiale e spesso frivolo; il risultato è che si fa fatica a legare con essi e a provare empatia nei loro confronti. Soprattutto da una figura come Lucy, che nella finzione di White ha sofferto lutti, tradimenti e rifiuti, ci si sarebbe aspettati una maggiore profondità; al contrario, ci si trova di fronte a un personaggio piatto e solo vagamente ammaliante.
La sensazione che rimane alla fine del romanzo è sì di aver fatto un viaggio interessante nell’universo del “What if…?”, ma anche di trovarsi di fronte a un’opera pretenziosa e soprattutto a un’occasione sprecata.
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