Oggi: 3 Luglio 2025
9 Aprile 2025
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“Non era crudeltà, era inesperienza”: la sentenza che fa discutere sul caso Turetta

sentenza Filippo turetta femminicidio Giulia Cecchettin

75 coltellate, nessuna crudeltà. Decine di messaggi minacciosi, ma niente stalking. Sono alcuni dei passaggi più controversi delle motivazioni con cui la Corte d’Assise di Venezia ha condannato all’ergastolo Filippo Turetta per l’omicidio di Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023. Parole che, da quando sono state rese pubbliche, hanno infiammato il dibattito pubblico e sollevato non pochi interrogativi sulla giustizia, la percezione della violenza e la narrazione del femminicidio.

Secondo i giudici, l’aggressione che ha portato alla morte di Giulia non è stata caratterizzata da “crudeltà” ai sensi del codice penale. Turetta, spiegano, non avrebbe infierito con l’intenzione di provocare sofferenze ulteriori, ma avrebbe continuato a colpire “per inesperienza”, non sapendo dove e come ferire in modo “efficace”. Una spiegazione che ha lasciato attonita l’opinione pubblica: davvero un gesto così prolungato e violento può non essere considerato crudele solo perché maldestro?

In aula, lo stesso Turetta ha dichiarato di essersi fermato soltanto quando ha colpito Giulia all’occhio, trovandosi davanti “troppa impressione”. Per la Corte, questo rappresenterebbe un ulteriore indizio della sua presunta volontà di non arrecare dolore gratuito. Ma se l’omicida ha continuato a colpire fino alla morte, e se la ragazza è rimasta cosciente per lunghi, interminabili minuti, si può davvero escludere l’intento di infliggere sofferenza?

Altro punto delicato riguarda l’aggravante dello stalking. I giudici non negano che il comportamento di Turetta fosse persecutorio “in astratto”, ma non lo ritengono tale “in concreto”. Secondo loro, Giulia non avrebbe manifestato una reale paura, ma solo fastidio e irritazione. E questo nonostante il flusso continuo di messaggi, le pressioni, le minacce, i tentativi di controllo. In sostanza, la responsabilità del malessere della vittima sembra legata alla sua consapevolezza e non al comportamento dell’aggressore. Ma una donna che minimizza il pericolo – per pietà, per abitudine, per amore – rende meno grave ciò che ha subito?

Le testimonianze di familiari e amiche – usate dalla Corte per giustificare l’assenza dell’aggravante – dipingono una ragazza generosa, disposta a tollerare per compassione. «Le dispiaceva per lui», si legge. Ma è giusto trasformare la bontà della vittima in una prova a favore dell’imputato?

L’avvocato della sorella di Giulia, Elena Cecchettin, ha annunciato l’intenzione di chiedere al pm di ricorrere in appello. «Giulia ha vissuto una lucida via crucis. È stata cosciente per lunghi minuti, si è vista sequestrata, colpita, zittita. La crudeltà c’è tutta», ha dichiarato Nicodemo Gentile. «Turetta non ha avuto alcun tentennamento, e ha portato avanti il suo piano con lucidità feroce».

Nel dispositivo, la Corte ha comunque riconosciuto la premeditazione e ha negato ogni attenuante, sottolineando la “spietata determinazione” dell’aggressore e la “logica perversa di possesso” che ha guidato le sue azioni. Turetta, si legge, ha agito mosso da “motivi abietti”, incapace di accettare l’autonomia della ragazza che aveva deciso di lasciarlo. Un delitto figlio di una mentalità arcaica: “O con me, o con nessuno”.

La sentenza, lunga 134 pagine, ha generato reazioni trasversali. Dalla Lega al Movimento 5 Stelle, passando per Avs e Forza Italia, molte voci hanno criticato duramente la decisione della Corte, definendola “inaccettabile”, “disarmante”, “offensiva per la memoria di Giulia”.

Ma al di là delle polemiche politiche, resta una domanda più profonda e inquietante: quante coltellate servono perché si possa parlare di crudeltà? Quanti messaggi e quante pressioni prima che si riconosca lo stalking?
E soprattutto: quanto pesa ancora oggi, nelle aule dei tribunali, l’idea che a rendere vera la violenza debba essere la consapevolezza – o la paura – della vittima?

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Riminese, classe 1997. Direttrice editoriale di LaLettera22, un portale di informazione nato con l’obiettivo di raccontare la complessità del mondo attraverso l’approfondimento e la divulgazione di varie tematiche culturali.

Dopo la laurea in Lettere e culture letterarie europee presso l’Università di Bologna, ha proseguito il suo percorso accademico specializzandosi in Giornalismo e cultura editoriale all’Università di Parma. Da sempre appassionata di storia, geopolitica e comunicazione, ha trasformato il suo interesse in una missione divulgativa, lanciando il progetto Lettera22 sui social per rendere la cultura più accessibile e stimolare il dibattito su temi di attualità.

Oltre a dirigere il portale, lavora come articolista e social media manager, curando strategie editoriali e contenuti per il web. Il suo lavoro unisce analisi critica, narrazione e innovazione digitale, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico a temi spesso percepiti come distanti, rendendoli fruibili e coinvolgenti.

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