Il centro di ricerca indipendente SOMO, con base ad Amsterdam, ha pubblicato alcuni dati che mostrano il legame tra Bruxelles, che finora non ha mai irrogato alcuna sanzione a Tel Aviv, e Israele.
“Siamo abituati ad associare Israele agli Stati Uniti, ma il principale sostenitore di ciò che sta avvenendo è a Bruxelles“. Lo ha dichiarato Jasper van Teeffelen, autore del report di SOMO. Il ricercatore olandese si occupa di multinazionali, ma stavolta ha voluto indagare sulla strettissima relazione economica e commerciale esistente tra l’Unione europea e Israele.
“L’Unione europea non sta solo coprendo quello che si sta verificando a Gaza e nei Territori occupati, ma sta attivamente prendendovi parte. Non si tratta solo di stare in silenzio e di lasciar correre, ma di sostenere economicamente, finanziariamente e politicamente il governo di Benjamin Netanyahu“, dice Van Teeffelen.
SOMO ha diffuso i dati il 15 luglio, durante l’incontro tra la Commissione europea e i ministri degli Esteri dei 27 membri dell’Unione per discutere sull’eventuale adozione di sanzioni nei confronti di Tel Aviv. Nell’incontro si doveva valutare l’interruzione dell’accordo di associazione che, dal 2000, lega Ue e Israele in rapporti politici ed economici privilegiati.
Cosa rivela il report?
L’UE è il più importante investitore in Israele al mondo. Nel 2023 il suo ammontare estero diretto a Tel Aviv ha superato i 72 miliardi di euro: un valore quasi doppio rispetto a quello degli Stati Uniti, fermi a 39,2 miliardi.
Ma il rapporto è biunivoco: l’Europa è anche la principale destinazione degli investimenti israeliani. Nel 2023 ne ha ricevuti per 66 miliardi di euro, sette volte quelli diretti a Washington.
Anche nello scambio di beni fisici l’UE è il primo partner commerciale al mondo di Israele: macchinari, mezzi di trasporto e prodotti chimici soprattutto, per un valore complessivo di 42,6 miliardi di euro, contro i 31,6 miliardi degli Stati Uniti, dei 19,3 della Cina e dei 3 miliardi dell’India.
Valore che non ha subito nessun declino neanche dopo tutto ciò che è accaduto dal 7 ottobre 2023 in poi nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Anzi: durante il 2024 è persino aumentato di un miliardo. Esattamente l’UE ha aumentato le esportazioni verso Israele di 1 miliardo di euro, fino a 25,5 miliardi di euro nel 2023 e i 26,7 miliardi di euro nel 2024.
Deduzione lapalissiana? L’Unione Europea sta coprendo ciò che accade a Gaza e nei Territori occupati. Ma non solo: ne prende parte attiva, come constata Van Teeffelen: “Non si tratta solo di stare in silenzio e di lasciar correre, ma di sostenere economicamente, finanziariamente e politicamente il governo di Benjamin Netanyahu”.
Basta osservare il flusso in entrata da Israele verso l’UE: 65,9 miliardi di euro nell’UE, sette volte quanto hanno invece investito gli Stati Uniti (8,8 miliardi di euro). Significa che l’UE è a sua volta la principale destinazione degli investimenti israeliani.
Tra gli Stati membri UE, i Paesi Bassi sono di gran lunga il maggiore investitore in Israele: oltre due terzi degli investimenti dell’UE in Israele partono da Amsterdam. Nessun altro paese al mondo ha più investimenti in Israele. Superano persino gli Stati Uniti. E i Paesi Bassi sono a loro volta la principale destinazione per gli investimenti israeliani: sono sei volte di più rispetto a quanto finisce negli Stati Uniti.
Il “primato” di Amsterdam può spiegarsi con la natura di paradiso fiscale e di Paese di transito, con oltre cinquemila miliardi di dollari di capitale straniero che fluttuano attraverso le banche olandesi ogni anno. Ma solo il 12% degli investimenti nazionali verso Israele arriva dalle società “cassaforte”. Tutto gli altri provengono da attività di economia “reale”. Ciò conferma quanto l’Unione europea (e i Paesi Bassi in particolare) traggano profitto concreto dall’economia israeliana. La relazione speciale tra il loro Paese e Israele è ancora poco noto agli olandesi. Ma il report è nato proprio per far luce su questo aspetto di complicità interstatale, di cui si parla ancora troppo poco. “Potrebbe essere un primo passo per far capire alle persone il peso reale dei loro Paesi nel sostenere Israele”, dice il ricercatore.
Per inciso: la Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio prevede l’obbligo per tutti gli Stati di utilizzare ogni mezzo a loro disposizione per prevenire il genocidio ed esercitare pressione su chi lo sta commettendo o potrebbe farlo.
Perciò Kaja Kallas, Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, il 15 luglio ha presentato al consiglio Affari esteri a Bruxelles una (tiepida) lista di dieci possibili misure di risposta all’azione israeliana, tra cui l’imposizione di sanzioni, l’embargo totale di armi e la sospensione dell’accordo di associazione tra Unione e Israele.
Accordo che potrebbe saldare in virtù dell’articolo 2 dello stesso documento, che stabilisce il rispetto dei diritti umani -da partendo entrambi i contraenti- come condizione inderogabile per l’attuazione dell’accordo.
Sono mesi che Irlanda e Spagna ne chiedono la sospensione. Ma l’accordo non è saltato nemmeno il 15 luglio, perché non si è raggiunta l’unanimità.
Per SOMO è un’opportunità persa, considerando il grande peso che Bruxelles potrebbe avere nel frenare il Governo Netanyahu. Come scritto da Francesca Albanese, Relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967, nel suo ultimo report: si tratta di ricchezze che alimentano non solo le colonie ma l’intero sistema militare e tecnologico israeliano.
Ma Van Teeffelen non demorde: “È evidente il legame politico ed economico tra Israele e UE, e con questa ricerca sono evidenti i benefici economici di Bruxelles. La mia sensazione è che la popolazione abbia una sensibilità critica maggiore rispetto a quella dei governi e che, dove questi ultimi fanno finta di non guardare, le persone vedono ciò che c’è di sbagliato. È difficile avere speranza in questo momento, ma credo che le denunce che arrivano da attivisti, giornalisti e ricercatori potranno avere, prima o poi, un peso sulla politica”.
Aiutaci a far nascere il Progetto Editoriale LaLettera22, contribuisci alla raccolta fondi