L’incontro tra giornalisti e giuristi
Si è svolto a Torino, a Palazzo Granieri Mayneri, sede dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, il convegno che ha riunito Giordano Stabile, caporedattore esteri de La Stampa, il professor Edoardo Greppi e il suo collega Andrea Spagnolo (entrambi docenti e saggisti di diritto internazionale), Alberto Perduca (magistrato ed esperto di diritto internazionale), e soprattutto Rosario Salvatore Aitala, vice presidente della Corte Penale Internazionale, primo giudice a spiccare un mandato di cattura internazionale nei confronti di Vladimir Putin.
Stefano Tallia, presidente dei giornalisti piemontesi, ha condotto il dibattito sul tema centrale degli ultimi mesi: il contrasto tra politica e diritto internazionale.
L’incipit del professor Greppi è cristallino: “Vorremmo capire il destino della giustizia internazionale. I tribunali speciali finora risultati ne hanno avuti, e anche la corte penale internazionale. Fino a due anni fa si era aperta una stagione di speranza, sul piano della giurisprudenza internazionale. Ma adesso i nuovi eventi hanno rallentato, se non fermato, tutto. Perfino le sentenze della CPI sembrano passare del tutto inosservate” sostiene Greppi. E prima di cedere la parola al giudice Aitala aggiunge: “L’alternativa è: o il diritto o la forza. Una terza via non esiste“
La testimonianza del vicepresidente della Corte Penale Internazionale
Quando prende la parola Aitala, emerge tutto il sangue freddo di un catanese che i piedi dalla terra non li ha mai staccati: “In questo contesto non posso commentare il comportamento degli Stati. Ma ho alcune riflessioni da applicare alla situazione concreta. Sono molto preoccupato per ciò che vediamo da un po’ di tempo, e anche di recente”.
Si lancia poi in una disamina puntuale di cui che è il valore del linguaggio comune, e dice: “alcune parole sono un fil rouge. Come la parola Verità: la capacità di discernere in ogni situazione ciò che è vero.
Non riusciamo più a distinguere tra bene e male, tra il giusto e l’ingiusto.
Il valore della corretta comunicazione
È un tema fondamentale soprattutto per i giornalisti, del resto. Offrire un racconto veritiero dei fatti: capacità messa in discussione, specie negli ultimi tempi, dai meccanismi attuali della comunicazione, minata dalle troppe fonti a disposizione e dai tanti conflitti generalizzati che comportano propaganda continua”.
E rimarca: “C’è un utilizzo poco attento delle parole. Ogni parola ha una sua storia, ben profonda: come le parole Genocidio, Fame, Sterminio, Terrorismo, Legittima difesa… l’uso di tali parole in modo scorretto deriva da un’attitudine problematica a confrontare le parole alle cose.
Il linguaggio non dovrebbe essere sottomesso al fine. Ma ciò non è sorprendente: è propaganda. E dipende anche dalla nostra attitudine alla Storia. Pensiamo al nostro tempo come se fosse radicalmente diverso dai precedenti, ma credo che così non sia. Gli eventi degli ultimi due anni richiamano direttamente eventi storici, in modo lampante. Se guardassimo alla Storia con attenzione, troveremmo molte spiegazioni utili”.
Uno sguardo alla storia recente
E ripercorre la Storia, il giudice Aitala: “Ventidue anni fa in Iraq accadde una cosa simile a ciò che accade oggi. Colin Powell all’ONU disse che Saddam Hussein (sunnita) possedeva armi nucleari. Senza una risoluzione ONU gli USA decisero di intervenire con la forza armata in Iraq. Goldsmith (General Attorney degli UK) disse a Blair che mancavano i presupposti giuridici per l’attacco. Ma gli alleati attaccarono lo stesso. E allora iniziò il terrorismo, con Al Zarqawi, un giordano, già operativo in Afghanistan. Iniziò a colpire moschee e mercati sciiti: la struttura sociale era stata devastata, e da lì nacque lo Stato Islamico (le armi nucleari non c’erano, ma da allora l’Iraq non si è più ripreso).
Fu creato un tribunale supremo irakeno, con placet delle potenze occupanti. Due processi. Saddam Hussein fu impiccato prima della conclusione.
Si trattò di un gran regalo fatto all’Iran, comunque. Ognuno può trarne le proprie considerazioni. Questo è un modo per ripercorrere la storia, e riprendere il concetto di legittima difesa “preventiva” dalle sue origini.
Il giusto processo
Altra questione: dicono che la Corte Penale Internazionale non sia il Verbo, perché non detiene la verità. Però va precisato che i giudici possono avvicinarsi ad una verità in modo credibile e più corretto. Il giudice è parte terza agli eventi, estraneo alle vicende. E come disse Giuseppe Capograssi, nel 1950: “il processo è una doppia magia. Fa rivivere ciò che non è più e lo fa rivivere nella coscienza di chi è perfettamente estraneo a quell’evento che deve risorgere“.
Il processo è una procedura non rapida, che si basa sulle prove. Per questo la Corte Penale Internazionale forse è stata oggetto di una lunga serie di misure coercitive: mandati di cattura nei confronti di alcuni giudici, attacchi hacker, sanzioni finanziarie… Senza dimenticare il metodo di attribuire ai giudici epiteti volti a sminuirne il valore.
Chiudo su un ultimo punto: credo che ci sia un valore attuale della giustizia che va oltre il significato tradizionale del processo. Oggi in tutto il mondo, in ogni suo angolo, ci sono ostaggi di violenza sregolata, contraria al diritto internazionale in molte forme. Queste persone non hanno la nostra fortuna, che viviamo in stati fondati sul diritto: tutte le vittime di un processo della CPI vogliono sapere il perché di una violenza subita. Per queste persone la CPI è l’unica speranza.
Le persone disperate, quelle senza aspettative di futuro, ODIANO. E l’odio è l’ira dei deboli. L’odio genera violenza. Violenza chiama vendetta. E questo è il ciclo del male.
Un futuro pericoloso
La politica mondiale dovrebbe chiedersi quale risposta dare a queste persone. Altrimenti stiamo edificando la società dell’odio perenne.
Gli attuali terroristi dello stato islamico non erano soggetti politicizzati, affatto. Molti erano solo figli dei sunniti marginalizzati dopo l’intervento degli USA. Avevano sete di vendetta per i loro padri, per i loro familiari, giustiziati con condanne sommarie. Molti di loro sono oggi confinati in campi, spesso in Siria. Con loro ci sono figli (i cosiddetti cuccioli del califfato) e mogli (le mogli dell’Islam).
Questi cuccioli stanno crescendo odiando gli sciiti e odiando gli occidentali. Sono pronti per diventare a loro volta terroristi.
La CPI non ha nessuna giurisdizione su tutto ciò, perché il consiglio di sicurezza dell’ONU non ha più detto nulla sulla Siria. Né sull’Iraq.
Io non credo che sia in crisi il diritto internazionale. La crisi è politica.
Molti pensatori sbagliano nel dire che il diritto internazionale sta morendo: è la politica ad essere malata. Quando gli Stati tradiscono il diritto internazionale umanitario e il diritto dei conflitti armati, politica e diritto cadono insieme.
Link:
Rosario Aitala contro Putin
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